La Voce dell’estate – Il Ruché di Castagnole Monferrato, Docg grazie a un sacerdote e a un sindaco

In un piccolo territorio di sette comuni del Monferrato Astigiano tra cui Portacomaro, località di origine della famiglia di papa Francesco, si produce un rosso piemontese dal gusto unico e particolare

Nel Monferrato Astigiano, a nord-est del capoluogo, un piccolo territorio si è fatto conoscere per la produzione di un vitigno autoctono balzato agli onori delle cronache vitivinicole in epoca piuttosto recente. E’ il Ruché di Castagnole Monferrato, tipologia che nel 1987 ha ottenuto il riconoscimento di Doc e nel 2010 quello di Dogc. Un risultato che ha premiato gli sforzi, in primis, di un sacerdote e a un sindaco. Furono infatti il parroco di Castagnole Monferrato, don Giacomo Cauda, e la prima cittadina del paese, Lidia Bianco (già segretaria della Scuola di Agraria di Asti), nel corso degli anni ’70 del secolo scorso insieme ad alcuni produttori locali a unire gli sforzi per giungere al recupero di questo vitigno autoctono da tempo dimenticato.


Ma quali sono le sue origini? Qualche studioso ha ipotizzato che i primi vitigni furono allevati nei pressi di una chiesetta benedettina dedicata a San Rocco, costruzione religiosa oggi non più esistente ma che si trovava proprio fra i centri di Castagnole e Portacomaro. Un’altra tesi suggerisce che il nome possa possa derivare dai luoghi collinari del posto: “ruché” nel dialetto locale indica appunto un vigneto particolarmente “arroccato” ed esposto al sole. Molto probabilmente il vitigno venne importato nel corso del XII secolo da monaci cistercensi provenienti dalla Borgogna. Resta il fatto che per tanto tempo il “ruché” rimase in secondo piano, penalizzato dalla sua particolare vigoria vegetativa, a vantaggio di altre varietà ritenute più facili da allevare. Il tutto, come detto, sino all’intervento di don Cauda e della sindaca Bianco.


Il primo riconoscimento si concretizzò – come da disciplinare – nella delimitazione del territorio di allevamento, circoscritto a un comprensorio di sette comuni, affini ma al tempo stesso dalle caratteristiche uniche: Castagnole Monferrato (che dà nome alla denominazione) e poi Montemagno (con il suggestivo castello dei conti Calvi di Bergolo), Grana, Refrancore, Scurzolengo, Viarigi e Portacomaro, località quest’ultima balzata agli onori della cronaca negli ultimi anni per essere il paese di origine della famiglia Bergoglio. Da questo paesino nel 1928 Mario Bergoglio, padre dell’attuale pontefice, si mise in viaggio alla volta dell’Argentina in cerca di fortuna.


Oggi il Ruché di Castagnole Monferrato ha acquisito nel panorama enologico italiano e non solo una collocazione di tutto rispetto e non pochi addetti ai lavori ne pronosticano un’ulteriore crescita e diffusione.

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La Voce dell’estate – Il Ruché di Castagnole Monferrato, Docg grazie a un sacerdote e a un sindaco

In un piccolo territorio di sette comuni del Monferrato Astigiano tra cui Portacomaro, località di origine della famiglia di papa Francesco, si produce un rosso piemontese dal gusto unico e particolare

Nel Monferrato Astigiano, a nord-est del capoluogo, un piccolo territorio si è fatto conoscere per la produzione di un vitigno autoctono balzato agli onori delle cronache vitivinicole in epoca piuttosto recente. E' il Ruché di Castagnole Monferrato, tipologia che nel 1987 ha ottenuto il riconoscimento di Doc e nel 2010 quello di Dogc. Un risultato che ha premiato gli sforzi, in primis, di un sacerdote e a un sindaco. Furono infatti il parroco di Castagnole Monferrato, don Giacomo Cauda, e la prima cittadina del paese, Lidia Bianco (già segretaria della Scuola di Agraria di Asti), nel corso degli anni '70 del secolo scorso insieme ad alcuni produttori locali a unire gli sforzi per giungere al recupero di questo vitigno autoctono da tempo dimenticato.


Ma quali sono le sue origini? Qualche studioso ha ipotizzato che i primi vitigni furono allevati nei pressi di una chiesetta benedettina dedicata a San Rocco, costruzione religiosa oggi non più esistente ma che si trovava proprio fra i centri di Castagnole e Portacomaro. Un'altra tesi suggerisce che il nome possa possa derivare dai luoghi collinari del posto: “ruché” nel dialetto locale indica appunto un vigneto particolarmente “arroccato” ed esposto al sole. Molto probabilmente il vitigno venne importato nel corso del XII secolo da monaci cistercensi provenienti dalla Borgogna. Resta il fatto che per tanto tempo il “ruché” rimase in secondo piano, penalizzato dalla sua particolare vigoria vegetativa, a vantaggio di altre varietà ritenute più facili da allevare. Il tutto, come detto, sino all'intervento di don Cauda e della sindaca Bianco.


Il primo riconoscimento si concretizzò – come da disciplinare – nella delimitazione del territorio di allevamento, circoscritto a un comprensorio di sette comuni, affini ma al tempo stesso dalle caratteristiche uniche: Castagnole Monferrato (che dà nome alla denominazione) e poi Montemagno (con il suggestivo castello dei conti Calvi di Bergolo), Grana, Refrancore, Scurzolengo, Viarigi e Portacomaro, località quest'ultima balzata agli onori della cronaca negli ultimi anni per essere il paese di origine della famiglia Bergoglio. Da questo paesino nel 1928 Mario Bergoglio, padre dell'attuale pontefice, si mise in viaggio alla volta dell'Argentina in cerca di fortuna.


Oggi il Ruché di Castagnole Monferrato ha acquisito nel panorama enologico italiano e non solo una collocazione di tutto rispetto e non pochi addetti ai lavori ne pronosticano un'ulteriore crescita e diffusione.

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