La pietra ha in sé qualcosa di primordiale; non per nulla è detta “età della pietra” la prima età della nostra umanità. La pietra ha in sé il fascino di tutto ciò che l’uomo non ha manipolato. Ci è data in natura. Ma la pietra è anche stata utilizzata dall’uomo, sebbene la sua consistenza ne abbia fatto un materiale che ha sempre opposto all’uomo una forte resistenza.

Quello che è certo è che la pietra ha un fascino che viene da lontano. Francesca Torzo è una giovane architetto che proprio della pietra ha fatto la sua materia privilegiata. E bene ha fatto la Triennale di Stefano Boeri a dedicarle questa magnifica mostra. Un piccolo scrigno all’interno del palazzo, dove sono esposte le “maquettes” di pietra, relative ai suoi progetti e alle sue realizzazioni. “Chaosmos”, il titolo della mostra, allude al caos che non si contrappone al cosmo, ma semmai si interpone ad esso, in un continuo, ininterrotto rapporto dialettico.

 

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Non per nulla “Chaosmos” è un termine preso a prestito da “Finnegan’s Wake”, di James Joyce, dove alberga il caos della lingua nel cosmo dell’uomo. Oltre ai materiali, è il continuo rapporto tra interno e esterno, l’altra chiave di lettura dell’opera di Francesca Torzo, e l’allestimento con tende a forma di eleganti cuspidi, lo evidenzia con sobrietà, ma con decisione. La mostra, non è semplicemente una esposizione dei suoi progetti, è qualcosa di più; ha, per così dire, una valenza autonoma, tanto che il materiale esposto sembra nutrirsi della propria stessa bellezza, sia che si tratti di intagli, di modelli in pietra, sia che si tratti di pensieri.

Francesca Torzo infatti, e questa è una cosa rilevante, è un architetto che sembra appartenere alla vecchia scuola, quella per cui l’architettura è anche (forse soprattutto), pensiero, elaborazione teorica, concetto. Non mancano, quindi, nella piccola mostra spazi dedicati al pensiero e alla elaborazione teorica. Francesca Torzo, infatti, alla sua attività di progettazione, ha sempre unito una sostanziosa attività teorica, per meglio dire teoretica, che ha trovato il suo compimento anche in innumerevoli “lectures” in numerose scuole e istituzioni tra le quali l’ École Nationale Supérieure des Arts di Parigi-Cergy, La Technische Universität di Monaco, la Brickworks International Speakers Series in Australia, la Technische Universität di Vienna, il Museum Alvar Aalto di Helsinki, la Frieze Art & Architecture di Londra e, nell’ambito delle “International lecture series”, il KADK di Copenhagen e la stessa Triennale di Milano.

Molti testi di queste letture sono pubblicati sul suo sito web (assai accattivante). La mostra è aperta fino al 29 marzo prossimo e sarebbe davvero un peccato ignorarla.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Chaosmos

La pietra ha in sé qualcosa di primordiale; non per nulla è detta “età della pietra” la prima età della nostra umanità. La pietra ha in sé il fascino di tutto ciò che l’uomo non ha manipolato. Ci è data in natura. Ma la pietra è anche stata utilizzata dall’uomo, sebbene la sua consistenza ne abbia fatto un materiale che ha sempre opposto all’uomo una forte resistenza. Quello che è certo è che la pietra ha un fascino che viene da lontano. Francesca Torzo è una giovane architetto che proprio della pietra ha fatto la sua materia privilegiata. E bene ha fatto la Triennale di Stefano Boeri a dedicarle questa magnifica mostra. Un piccolo scrigno all’interno del palazzo, dove sono esposte le “maquettes” di pietra, relative ai suoi progetti e alle sue realizzazioni. “Chaosmos”, il titolo della mostra, allude al caos che non si contrappone al cosmo, ma semmai si interpone ad esso, in un continuo, ininterrotto rapporto dialettico.   [the_ad id="62649"]   Non per nulla “Chaosmos” è un termine preso a prestito da “Finnegan’s Wake”, di James Joyce, dove alberga il caos della lingua nel cosmo dell’uomo. Oltre ai materiali, è il continuo rapporto tra interno e esterno, l’altra chiave di lettura dell’opera di Francesca Torzo, e l’allestimento con tende a forma di eleganti cuspidi, lo evidenzia con sobrietà, ma con decisione. La mostra, non è semplicemente una esposizione dei suoi progetti, è qualcosa di più; ha, per così dire, una valenza autonoma, tanto che il materiale esposto sembra nutrirsi della propria stessa bellezza, sia che si tratti di intagli, di modelli in pietra, sia che si tratti di pensieri. Francesca Torzo infatti, e questa è una cosa rilevante, è un architetto che sembra appartenere alla vecchia scuola, quella per cui l’architettura è anche (forse soprattutto), pensiero, elaborazione teorica, concetto. Non mancano, quindi, nella piccola mostra spazi dedicati al pensiero e alla elaborazione teorica. Francesca Torzo, infatti, alla sua attività di progettazione, ha sempre unito una sostanziosa attività teorica, per meglio dire teoretica, che ha trovato il suo compimento anche in innumerevoli “lectures” in numerose scuole e istituzioni tra le quali l’ École Nationale Supérieure des Arts di Parigi-Cergy, La Technische Universität di Monaco, la Brickworks International Speakers Series in Australia, la Technische Universität di Vienna, il Museum Alvar Aalto di Helsinki, la Frieze Art & Architecture di Londra e, nell’ambito delle “International lecture series”, il KADK di Copenhagen e la stessa Triennale di Milano. Molti testi di queste letture sono pubblicati sul suo sito web (assai accattivante). La mostra è aperta fino al 29 marzo prossimo e sarebbe davvero un peccato ignorarla.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.