Sabato 6 giugno Su La Voce è apparso il commento Domenico Rossi, appassionato e stimabilissimo consigliere regionale del Pd novarese, sulla nuova indagine di malasanità che tocca il Piemonte e anche Novara. Il consigliere propone «’istituzione di un osservatorio regionale sul Partenariato Pubblico Privato e sulla Finanza di Progetto e di un gruppo di lavoro presso SCR a sostegno delle Stazioni Appalti, fornire indicazioni alla stazione appaltante per il ricorso agli strumenti utili a rendere il ciclo del contratto pubblico trasparente e partecipato e a promuovere un protocollo specifico con Prefettura e Forze dell’Ordine per un coordinamento puntuale dei controlli di tutte le fasi del ciclo del contratto pubblico».
Prendo a spunto questi fatti e commenti, di attualità, non me ne voglia Domenico Rossi, per una riflessione in libertà e provocatoria. Un pensiero su comitati che si aggiungono a organismi, procedure e ulteriori protocolli. Non condivido. Già l’Anac è stata una pessima idea pur gestita da brava gente. Esiste una Pubblica Amministrazione, esistono Procure e Corte di Conti, serviva una Autorità in più? Efficienza e progresso, onestà, competenza, non sono figli di sempre nuove e barocche organizzazioni, enti, authorities e procedure che complicano i processi, facendo paradossalmente della Compliance ormai una scienza a sé. Tanti ormai se ne stanno accorgendo: si dedica più tempo alla Compliance che al business.
Da modesto operatore economico finanziario che in parte governa e in parte subisce tanti aspetti di Compliance, da anni, confesso che la Compliance non la reggo più! Forma più che sostanza. Protocolli per dimostrare che le procedure si sono osservate, ma il paziente poi muore lo stesso. Perché invece penso che Consigli di amministrazione e Collegi sindacali, con i revisori ormai presenti in tutte le società ed enti di rilevo, devono bastare e avanzare. Se formati da persone competenti ed oneste ( …e poi le società quotate hanno la Consob. Gli intermediari finanziari anche Bankitalia e la BCE).
Certo che se poi le relazioni di certi revisori che tutti leggiamo, ormai ridicole, mettono le mani avanti su tutto limitandosi a teorici controlli di coerenza formale ….escludendo di garantire alcunché o rispondere di alcunché…
Ma in ogni caso alla selezione e promozione di brave persone non vi è francamente alternativa o, peggio, surrogato velleitario. Tornando al pubblico, delicatissimo settore (un po’ come le banche…) non può esserci rimedio serio se non affrontare apertamente alla radice la cattiva abitudine dei partiti ( o degli azionisti per le banche) a indicare persone con responsabilità, ma oggettivamente prive di adeguato CV. E peggio se pure disonesti. La BCE va detto che da anni batte sul punto, perché non vuole più gli Zonin nei cda delle Banche, e soprattutto i personaggetti – direbbe De Luca – di contorno che consentono gli Zonin. Il famoso concetto di “fit&proper” per le cariche societarie. La politica non può costituire o consentire un’alternativa a chi nella vita sa fare poco altro. In ogni ambiente, o la selezione degli amministratori, che poi selezionano i top manager e li devono controllare, è fatta bene o poi è tardi. Non c’è comitato di controllo interno che tenga, organismo di vigilanza per la Legge 231 o comitato remunerazione. E del risk management vogliamo parlare ? Il rischio è insito in qualunque attività d’impresa, valore costituzionalmente difeso. Ma noi vogliamo ormai ovunque comitati che controllano il rischio, diversi e addizionali rispetto a management e amministratori, con profluvio di relazioni e pareri che non si sa che competenze effettive aggiungano a chi per legge amministra e sviluppa un business valutandone i rischi e rispondendo agli azionisti ed agli stakeholders in generale, con bilanci e risultati. Che a prescindere devono essere fatti bene. Punto.
Tornando alla malasanità, aspettiamo – ma temo invano – che la politica ed i pubblici amministratori, magari anche i giornali, ci aiutano capire chi fu nominato da chi e su che basi. Facendo mea culpa e cambiando metodi e persone.
Ammettiamolo fuori dai riti del politically correct: quando si sbaglia il compito di latino o matematica, si è asinelli, perché altri invece lo fanno bene. Quindi si deve andare a casa e studiare di più. Magari andando a fare i compiti con i migliori della classe. E se poi tutta la classe facesse cattiva figura, ragioniamo sulla qualità dei docenti. Cambiamo i docenti. Ma la matematica non va ripensata. Non buttiamo tutto in caciara e in sociologia. Nuovi protocolli, procedure e organismi temo che di per se stessi non aggiungano davvero qualità agli affari pubblici e privati, seppur proposti in buona fede e con le migliori intenzioni. E magari talora servono, non vorrei essere frainteso, ma che non siano palliativi perché sotto sotto non si ritiene “democratico” e popolare affrontare la base del problema, ossia la qualità delle persone che interpretano i ruoli.
In tempi di Covid non affidiamo il nostro Paese da ricostruire a più norme e più comitati, ma a persone migliori.