Covid, banche e imprese

Per chi segue i temi di corporate finance, è cosa nota che le banche – e quindi le imprese – sono penalizzate da tempo a causa di certi rigidi algoritmi che ponderano l’attivo rischioso del loro bilancio ( si rammenti, attivo perlopiù fatto di crediti, per le banche italiane)  e quindi il c.d patrimonio di vigilanza. Più si riclassifica al ribasso il patrimonio di vigilanza, di conseguenza scende la capacità di erogare credito per  una banca. Pertanto aumentano anche condizioni e garanzie richieste al cliente. Orbene, le banche soffrono di questo come e più delle imprese loro clienti, perché se non erogano non fanno il loro conto economico. Chiedete a qualunque direttore di filiale, ve lo confermerà. Già prima del Covid questo problema affliggeva il nostro sistema imprenditoriale, soprattutto perché deprimeva la possibilità di fare credito a medio lungo termine, quello più sano e fondamentale per le imprese.

Il Governo non ha sbagliato, concettualmente, ad ampliare le garanzie pubbliche per le banche per consentire più credito a medio lungo termine, perché le garanzie fanno effettivamente scendere il rischio del credito dunque di conseguenza il citato patrimonio di vigilanza si “asciuga” di meno, e la capacità di far credito aumenta.

Ma Conte ha scordato, o forse ignorava, che i meccanismi del credito che così ha sbloccato sono comunque inevitabilmente lenti ( ha poco da scusarsi , non è colpa sua, è  così ed era prevedibile!) e comunque di credito si tratta, cioè debito per le aziende. Che di debito molte ne hanno già ben tanto, troppo. In altri termini: si è spacciata come manovra da 400 miliardi di liquidità una manovra – forse!, perché non sono ancora  così tanti I miliardi stanziati a garanzia – da 400 miliardi di mero potenziale debito erogabile a seguito delle nuove garanzie  alle banche, che poi forse in un mese e mezzo almeno potranno erogare debito. Buona idea, quindi, e anche  prima ed a prescindere dal Covid,  ma pur sempre tassello modesto di ben altra manovra che invece urgeva disporre ora per l’emergenza Covid. Mentre il pagare presto e bene la Cassa Integrazione, o sospendere per tutto l’anno, se non annullare,  tutta una serie di pagamenti fiscali, o anche solo sbloccare i debiti della Pubblica Amministrazione, ecco quella era sì liquidata immediata. E non semplice debito.

Dietro a questo errore, e gli inviti di usare il cuore rivolti alle banche , in realtà sembra  emergere una cultura da consumerismo , da talk show: il problema delle imprese sono le banche, lo risolvano le banche.

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Covid, banche e imprese

Per chi segue i temi di corporate finance, è cosa nota che le banche – e quindi le imprese – sono penalizzate da tempo a causa di certi rigidi algoritmi che ponderano l’attivo rischioso del loro bilancio ( si rammenti, attivo perlopiù fatto di crediti, per le banche italiane)  e quindi il c.d patrimonio di vigilanza. Più si riclassifica al ribasso il patrimonio di vigilanza, di conseguenza scende la capacità di erogare credito per  una banca. Pertanto aumentano anche condizioni e garanzie richieste al cliente. Orbene, le banche soffrono di questo come e più delle imprese loro clienti, perché se non erogano non fanno il loro conto economico. Chiedete a qualunque direttore di filiale, ve lo confermerà. Già prima del Covid questo problema affliggeva il nostro sistema imprenditoriale, soprattutto perché deprimeva la possibilità di fare credito a medio lungo termine, quello più sano e fondamentale per le imprese.

Il Governo non ha sbagliato, concettualmente, ad ampliare le garanzie pubbliche per le banche per consentire più credito a medio lungo termine, perché le garanzie fanno effettivamente scendere il rischio del credito dunque di conseguenza il citato patrimonio di vigilanza si “asciuga” di meno, e la capacità di far credito aumenta.

Ma Conte ha scordato, o forse ignorava, che i meccanismi del credito che così ha sbloccato sono comunque inevitabilmente lenti ( ha poco da scusarsi , non è colpa sua, è  così ed era prevedibile!) e comunque di credito si tratta, cioè debito per le aziende. Che di debito molte ne hanno già ben tanto, troppo. In altri termini: si è spacciata come manovra da 400 miliardi di liquidità una manovra – forse!, perché non sono ancora  così tanti I miliardi stanziati a garanzia – da 400 miliardi di mero potenziale debito erogabile a seguito delle nuove garanzie  alle banche, che poi forse in un mese e mezzo almeno potranno erogare debito. Buona idea, quindi, e anche  prima ed a prescindere dal Covid,  ma pur sempre tassello modesto di ben altra manovra che invece urgeva disporre ora per l’emergenza Covid. Mentre il pagare presto e bene la Cassa Integrazione, o sospendere per tutto l’anno, se non annullare,  tutta una serie di pagamenti fiscali, o anche solo sbloccare i debiti della Pubblica Amministrazione, ecco quella era sì liquidata immediata. E non semplice debito.

Dietro a questo errore, e gli inviti di usare il cuore rivolti alle banche , in realtà sembra  emergere una cultura da consumerismo , da talk show: il problema delle imprese sono le banche, lo risolvano le banche.

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