A chi interessa il Vangelo, anche solo come lettura colta, oggi capiterà di sentire la parabola dei talenti. Parabola difficile e poco popolare, anche perché poco populista. Ostica sia per certo clero sia per certo popolo, di Dio o meno.
Perché parla di doveri, competenze, sacrifici, senso di responsabilità. Non parla di diritti e “uno vale uno”. Quando Gesù la raccontò, sicuramente qualcuno avrà detto e magari urlato “ questo lo dice lei”. Di costui la storia non ha fatto memoria.
La parabola parla di un umanesimo ecologico e sostenibile che obbliga moralmente ognuno non solo a conservare, e sarebbe il minimo!, ma migliorare, non sfruttare, condividere e trasmettere. E le encicliche sociali di questo Papa vanno in quella direzione, altro che comuniste.
Certo che in un talk show o con dei tweet è dura strappare applausi parlando di sacrifici, competenze e senso del dovere.
A certo clero la parabola dei talenti ha sempre dato fastidio, come a certi imprenditori e manager che si circondano di yes man inutili. Le persone in gamba hanno sempre scelto di circondarsi di persone più in gamba, magari donne, che sono assai in gamba e molto più ecologiche e sostenibili di certi uomini…
Nemmeno piace, il pensiero dei talenti e del senso di responsabilità che ne consegue, ai populisti, tanto governanti quanto governati. Rendite sussidi e prebende, autoritarismo strisciante e popolo bue da qualche millennio animano la cattiva politica. E invece nel triste autunno inverno del 1944 alcuni italiani ed europei, consapevoli che il nazi fascismo sarebbe finito, anche se non subito, progettarono il dopo, quasi da carbonari, ma con tenacia. E il dopo fu migliore. Solo che si affidarono a gente del calibro di Enrico Mattei e De Gasperi…che seppero fare squadra con intelletti anche di ideologie diverse.