Il Natale di quando era bimba mia madre era un Natale fatto di vuoto: vuoto di Luci, era un Natale di coprifuoco e di guerra, era freddo , era vuoto di persone, molti erano in guerra e lontani dalle proprie famiglie.
La generazione di mia mamma è cresciuta quindi desiderando e lavorando perché il Natale fosse sempre più pieno: di Luci, di calore dei primi riscaldamenti , ricco di cibo e di regali, tutti quelli che avevano desiderato e non avevano potuto avere.
È stato così anche per le generazioni successive, alla fine il Natale è diventato così pieno da essere oscurato tanto da iniziare sempre più a desiderare di riuscire a svuotarlo: di persone rendendolo più intimo, di cose rendendolo un po’ più povero, perfino un po’ più buio e freddo.
Dovevamo desiderare di svuotarlo un po’ questo Natale e ora forse, senza volerlo, ci si è riusciti: sarà inevitabilmente più vuoto questo Natale che viene.
Questo ci servirà di nuovo a desiderare di riempirlo : di persone, speriamo anche di bambini, anche perché no di cibo e di regali.
Perché il Natale vive solo di questa continua tensione, di questo desiderio da alimentare continuamente fra ciò che non abbiamo e vorremmo, di ciò che non siamo e vorremmo essere, senza questo desiderio il Natale non esiste se non come data.
Questo Natale e quelli che verranno.