Il mio ricordo delle polemiche su San Patrignano è abbastanza nitido. Erano gli anni della mia giovinezza fra fine della scuola e inizio del lavoro. L’Italia come sempre era spaccata in due: o con Muccioli o contro Vincenzo Muccioli.
Per una parte dell’Italia, espressa da Montanelli e da il Giornale Muccioli era un Eroe: se non ne vuoi sapere niente di abbandonare la droga per cui arrivi a spacciare, rubare, prostituirti, diventare una larva, infine morire dopo aver fatto morire di crepacuore i tuoi, vanno bene le sberle, rinchiuderti in un posto isolato, se sfuggi riprenderti e legarti per evitare di farlo ancora.
A mali estremi estremi rimedi diceva tanta gente. A questa Italia si opponeva l’Italia di Pannella e dei Radicali: farsi le canne non fa male, la persona non può essere liberata dalla droga con la forza e la costrizione, era da poco che i drogati non venivano più messi in carcere e non si dovevano trasformare le comunità terapeutiche in prigioni.
Ora tutti applaudono a Patrignano, anche i suoi attuali dirigenti tendono a negare l’uso della forza non solo ora ma anche per il passato della prima fondazione. Allora non era così: era una specie di guerra di religione e anche il mondo cattolico era molto diviso a favore o contro Muccioli.
Oggi ci saremmo bombardati su Facebook ma allora non c’era. Ricordo che anche Repubblica pubblicò un’inchiesta senza dogmi, senza certezze, che rendeva conto del fatto che se sei un tossicodipendente non sei più libero e in grado di autodeterminarti.
Allora la droga e i suoi morti quotidiani riempiva le pagine dei giornali , quasi come oggi il COVID anche se impattava solo sulla vita quotidiana di chi era giovane o aveva figli, oggi sono molti in meno in queste condizioni ed è perfino difficile comprendere quel dibattito che anche allora era però sul rapporto e sul conflitto fra libertà e salute.
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Non si deve dimenticare che a San Patrignano fu assassinato un ragazzo il cui cadavere fu abbandonato in una porcilaia e che il fondatore tentò di coprire l’uccisore.