Ho letto, proprio oggi, che la biblioteca di Umberto Eco è stata donata allo Stato italiano per volontà della moglie e dei figli e, attraverso il Mibact, data poi in gestione per metà all’Alma Mater di Bologna e per metà (i libri antichi), alla Biblioteca Braidense di Milano. Problemi questi dei grandi intellettuali e dei grandi lettori, ma prima o poi bisognerà pure pensarci. A chi donare le nostre biblioteche quando “oltrepasseremo”, per usare un verbo tanto caro ad Emanuele Severino? Una cosa è certa, dovrò lasciare in eredità la biblioteca a qualcuno che, oltre ad avere la massima cura per i libri, non nutra pregiudizi perché far curiosare gli altri nella propria biblioteca è un po’ come mettersi a nudo, anche di più che andare in giro senza mutande.

Chissà cosa avranno trovato nel fondo antico di Umberto Eco, che, detto per la cronaca, si chiama “Bibliotheca semiologica curiosa, lunatica, magica et pneumatica”. Avendo letto tutto il leggibile di Umbertino da Alessandria, credo di immaginarlo: libri rari, rarissimi, ma anche curiosi e dozzinali, “feutilletons” a profusione e “libri d’ore” miniati… La biblioteca di Babele insomma.

 

 

Certo quando uno è morto (ops, volevo dire quando è venuto a mancare, visto che la parola “morte” è uscita dal dizionario del bon ton) si può allegramente disinteressare di cosa penseranno di lui i posteri, anche perché come diceva il filosofo indiano Aurobindo, “esiste solo la morte degli altri”. Però riflettendo da vivo, sarei proprio curioso di sapere cosa penserà l’erede della mia biblioteca. In particolare per due scaffali, uno al terzo livello e composto da quattro fittissime file di libri, ed uno al sesto livello, anch’esso fitto di volumi. Se per gioco pescassi a caso un volume da uno ed uno da un altro, potrei estrarre “Rapporto sulla fede” di Joseph Ratzinger da una parte e “Piaceri morbosi” dall’altra, “Più forti del male” di Padre Amorth da uno scaffale” e “Storia della mia vita” di Giacomo Casanova da un altro, oppure “Il libro delle opere divine” di Ildegarda di Bingen” dal primo e dal ripiano superiore “Sesso estremo” di William Cooper e via di questo passo.

Adesso qualcuno di chi mi legge penserà che si tratti della solita “mescola” tra sacro e profano, ma questo non sposta di una virgola la questione: il mio, la mia o i miei eredi chi penseranno che io sia stato, visto che la nostra morte, in fondo, riguarda gli altri? Comunque ho deciso nel primo scatolone da aprire ci sarà San Gregorio Magno con i suoi due volumoni intitolato “Storie di santi e di diavoli”, della Fondazione Valla edito da Mondadori nel 2005, così magari un posto in purgatorio qualcuno me lo terrà…

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Ho letto, proprio oggi, che la biblioteca di Umberto Eco è stata donata allo Stato italiano per volontà della moglie e dei figli e, attraverso il Mibact, data poi in gestione per metà all’Alma Mater di Bologna e per metà (i libri antichi), alla Biblioteca Braidense di Milano. Problemi questi dei grandi intellettuali e dei grandi lettori, ma prima o poi bisognerà pure pensarci. A chi donare le nostre biblioteche quando “oltrepasseremo”, per usare un verbo tanto caro ad Emanuele Severino? Una cosa è certa, dovrò lasciare in eredità la biblioteca a qualcuno che, oltre ad avere la massima cura per i libri, non nutra pregiudizi perché far curiosare gli altri nella propria biblioteca è un po’ come mettersi a nudo, anche di più che andare in giro senza mutande.

Chissà cosa avranno trovato nel fondo antico di Umberto Eco, che, detto per la cronaca, si chiama “Bibliotheca semiologica curiosa, lunatica, magica et pneumatica”. Avendo letto tutto il leggibile di Umbertino da Alessandria, credo di immaginarlo: libri rari, rarissimi, ma anche curiosi e dozzinali, “feutilletons” a profusione e “libri d’ore” miniati… La biblioteca di Babele insomma.

 

 

Certo quando uno è morto (ops, volevo dire quando è venuto a mancare, visto che la parola “morte” è uscita dal dizionario del bon ton) si può allegramente disinteressare di cosa penseranno di lui i posteri, anche perché come diceva il filosofo indiano Aurobindo, “esiste solo la morte degli altri”. Però riflettendo da vivo, sarei proprio curioso di sapere cosa penserà l’erede della mia biblioteca. In particolare per due scaffali, uno al terzo livello e composto da quattro fittissime file di libri, ed uno al sesto livello, anch’esso fitto di volumi. Se per gioco pescassi a caso un volume da uno ed uno da un altro, potrei estrarre “Rapporto sulla fede” di Joseph Ratzinger da una parte e “Piaceri morbosi” dall’altra, “Più forti del male” di Padre Amorth da uno scaffale” e “Storia della mia vita” di Giacomo Casanova da un altro, oppure “Il libro delle opere divine” di Ildegarda di Bingen” dal primo e dal ripiano superiore “Sesso estremo” di William Cooper e via di questo passo.

Adesso qualcuno di chi mi legge penserà che si tratti della solita “mescola” tra sacro e profano, ma questo non sposta di una virgola la questione: il mio, la mia o i miei eredi chi penseranno che io sia stato, visto che la nostra morte, in fondo, riguarda gli altri? Comunque ho deciso nel primo scatolone da aprire ci sarà San Gregorio Magno con i suoi due volumoni intitolato “Storie di santi e di diavoli”, della Fondazione Valla edito da Mondadori nel 2005, così magari un posto in purgatorio qualcuno me lo terrà…

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