La mia privacy al tempo del cashback

Innanzitutto l’App  Io.it l’avevo già scaricata a Giugno perché avevo letto che con l’App si sarebbero potute pagare tasse, servizi pubblici e altro.

Poi è arrivata la novità del cashback e poiché già spesso pago con il Bancomat e la carta di credito mi sono chiesto perché rinunciare anche solo al ritorno del 10% sia pure entro un limite.

Non ho avuto grandi difficoltà a registrarmi sulla App e quindi l’ho fatto.

Non penso che sia una rinuncia in termini di privacy: da tempo in Italia il fisco conosce i miei movimenti bancari, quanto guadagno e chi mi paga, sono sempre stato a reddito fisso e dipendente, quanto prelevo e cosa compro, lo sa lo Stato , lo sa la mia banca, lo sanno pure le altre banche, lo sa la Crif, la Centrale dei rischi per chi compra a rate o chiede un prestito con

la sua famigerata blacklist,  l’Esselunga sa tutto quello che compro da loro con la loro Card Fedeltà , lo sa la Coop, lo sa la Conad, lo sa la Feltrinelli, lo sa la Unieuro, lo sa Scarpe&Scarpe, Boggi, a tutti ho dato di sapere cosa compro in cambio di un piccolo sconto, gli ho fatto sapere che mi piacciono le cravatte, il mio numero di scarpe, che ho comprato un tot di romanzi  e di saggi che si possono far risalire ad una certa tendenza politica, sanno che certi anni sono stato più in grana, certi anni meno, il mio farmacista e l’Agenzia delle entrate sanno più della mia salute del mio medico stesso.

Anche Mc donald’s sa qualcosa di me e pure la catena di pizzerie Pomodorosso.

La battaglia per la privacy, sempre che l’abbia mai combattuta, l’ho persa da un pezzo.

C’è stata forse una generazione che avesse più privacy: non certo quella dei miei nonni in un piccolo paese della Sicilia, di loro i vicini sapevano benissimo quando uscivano e rientravano , ti dicevano che il sarto sapeva bene quando si sposavano e quando avrebbero avuto di lì a poco un lutto, che questi dati erano in rete con il fruttivendolo, il lattaio, quella che vendeva i bottoni, niente o quasi era possibile nascondere, le ricchezze erano soprattutto terreni che erano sotto gli occhi di tutti come i raccolti, i granai e la grandine che ti faceva perdere tutto e chi voleva poteva contare le tue pecore in qualunque momento.

Certamente un sistema in cui tu non possa conoscere quali dati conosce di te un’organizzazione commerciale o politica e come tu possa fare a modificarli se errati è un sistema sbagliato ma tu sai o dovresti sapere che crocette hai messo o non hai messo per avere uno sconto, una carta fedeltà , partecipare ad un concorso per vincere una automobile elettrica che ti sappia fare anche il caffè ma la battaglia per la privacy è una battaglia che non si vince negandosi un rimborso fiscale o rifiutandosi di scaricare l’App Immuni.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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La mia privacy al tempo del cashback

Innanzitutto l’App  Io.it l’avevo già scaricata a Giugno perché avevo letto che con l’App si sarebbero potute pagare tasse, servizi pubblici e altro. Poi è arrivata la novità del cashback e poiché già spesso pago con il Bancomat e la carta di credito mi sono chiesto perché rinunciare anche solo al ritorno del 10% sia pure entro un limite. Non ho avuto grandi difficoltà a registrarmi sulla App e quindi l’ho fatto. Non penso che sia una rinuncia in termini di privacy: da tempo in Italia il fisco conosce i miei movimenti bancari, quanto guadagno e chi mi paga, sono sempre stato a reddito fisso e dipendente, quanto prelevo e cosa compro, lo sa lo Stato , lo sa la mia banca, lo sanno pure le altre banche, lo sa la Crif, la Centrale dei rischi per chi compra a rate o chiede un prestito con la sua famigerata blacklist,  l’Esselunga sa tutto quello che compro da loro con la loro Card Fedeltà , lo sa la Coop, lo sa la Conad, lo sa la Feltrinelli, lo sa la Unieuro, lo sa Scarpe&Scarpe, Boggi, a tutti ho dato di sapere cosa compro in cambio di un piccolo sconto, gli ho fatto sapere che mi piacciono le cravatte, il mio numero di scarpe, che ho comprato un tot di romanzi  e di saggi che si possono far risalire ad una certa tendenza politica, sanno che certi anni sono stato più in grana, certi anni meno, il mio farmacista e l’Agenzia delle entrate sanno più della mia salute del mio medico stesso. Anche Mc donald’s sa qualcosa di me e pure la catena di pizzerie Pomodorosso. La battaglia per la privacy, sempre che l’abbia mai combattuta, l’ho persa da un pezzo. C’è stata forse una generazione che avesse più privacy: non certo quella dei miei nonni in un piccolo paese della Sicilia, di loro i vicini sapevano benissimo quando uscivano e rientravano , ti dicevano che il sarto sapeva bene quando si sposavano e quando avrebbero avuto di lì a poco un lutto, che questi dati erano in rete con il fruttivendolo, il lattaio, quella che vendeva i bottoni, niente o quasi era possibile nascondere, le ricchezze erano soprattutto terreni che erano sotto gli occhi di tutti come i raccolti, i granai e la grandine che ti faceva perdere tutto e chi voleva poteva contare le tue pecore in qualunque momento. Certamente un sistema in cui tu non possa conoscere quali dati conosce di te un’organizzazione commerciale o politica e come tu possa fare a modificarli se errati è un sistema sbagliato ma tu sai o dovresti sapere che crocette hai messo o non hai messo per avere uno sconto, una carta fedeltà , partecipare ad un concorso per vincere una automobile elettrica che ti sappia fare anche il caffè ma la battaglia per la privacy è una battaglia che non si vince negandosi un rimborso fiscale o rifiutandosi di scaricare l’App Immuni.

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