La vita straordinaria di David Copperfield

C’è un seguitissimo account Twitter che si chiama “Basil Seal”, una sequela di foto della “britannitudine”, vecchi castelli, biblioteche, servizi da té, ecc. Ecco,  quello che temevo di vedere in un film su David Copperfield, fosse esattamente questo e invece il film di Armando Iannucci,  liberamente tratto dal celeberrimo romanzo di Charles Dickens, è tutt’altra cosa.

Inutile quindi soffermarsi sulla conosciutissima trama del romanzo ma assai meglio concentrare l’attenzione sulla magnifica narrazione cinematografica di Iannucci. Numerose e tutte azzeccate le scelte stilistiche del regista e sceneggiatore scozzese (di origine italiana), a cominciare dalla modellazione caratteriale dei personaggi, sui quali vale la pena di soffermarsi a sul granitico Mr. Murdstone, (Darren Boyd),  severo patrigno di David e dall’irresistibile coppia formata da Betsey Trotwood (Tilda Swinton), prozia paterna, donna apparentemente inflessibile che condivide l’esistenza con uno stralunato Mr. Dick (Hugh Laurie), sempre concentrato sulla tremenda fine di re Carlo I, coi suoi pensieri,  materia per una scrittura calligrafica di grande e raffinata resa poetica che potrebbero addirittura ricordare qualche sequenza di “The Pillow Book” di Peter Greenway. Clara Peggotty, (Daisy May Cooper), domestica della famiglia Copperfield  che aiuterà David,  vive in una imbarcazione in riva al mare magnificamente immaginata da Armando Iannucci, è una figura di donna estroversa, materna e rassicurante.

Il melodrammatico Wilkins Micawber, (Peter Capaldi)  che ospiterà il giovane David operaio in una una distilleria di Blackfrairs, la  “Murdstone e Grinby” e che lo aiuterà anche a smascherare le mire del viscido e perfido Uriah Heep  (Ben Whishaw) è ben caratterizzato, poi zia  Betsey, che sembra essere uscita dalla ritrattistica plastica di Honoré Daumier.

E’ forse proprio l’inquietante Uriah Heep  unitamente al protagonista, ad essere il ritratto più vicino all’originale letterario; and last but not least uno poco convenzionale, originale e politically incorrect  Dev Patel nelle vesti del protagonista. Da vedere senza indugi.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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La vita straordinaria di David Copperfield

C’è un seguitissimo account Twitter che si chiama “Basil Seal”, una sequela di foto della “britannitudine”, vecchi castelli, biblioteche, servizi da té, ecc. Ecco,  quello che temevo di vedere in un film su David Copperfield, fosse esattamente questo e invece il film di Armando Iannucci,  liberamente tratto dal celeberrimo romanzo di Charles Dickens, è tutt’altra cosa.

Inutile quindi soffermarsi sulla conosciutissima trama del romanzo ma assai meglio concentrare l’attenzione sulla magnifica narrazione cinematografica di Iannucci. Numerose e tutte azzeccate le scelte stilistiche del regista e sceneggiatore scozzese (di origine italiana), a cominciare dalla modellazione caratteriale dei personaggi, sui quali vale la pena di soffermarsi a sul granitico Mr. Murdstone, (Darren Boyd),  severo patrigno di David e dall’irresistibile coppia formata da Betsey Trotwood (Tilda Swinton), prozia paterna, donna apparentemente inflessibile che condivide l’esistenza con uno stralunato Mr. Dick (Hugh Laurie), sempre concentrato sulla tremenda fine di re Carlo I, coi suoi pensieri,  materia per una scrittura calligrafica di grande e raffinata resa poetica che potrebbero addirittura ricordare qualche sequenza di “The Pillow Book” di Peter Greenway. Clara Peggotty, (Daisy May Cooper), domestica della famiglia Copperfield  che aiuterà David,  vive in una imbarcazione in riva al mare magnificamente immaginata da Armando Iannucci, è una figura di donna estroversa, materna e rassicurante.

Il melodrammatico Wilkins Micawber, (Peter Capaldi)  che ospiterà il giovane David operaio in una una distilleria di Blackfrairs, la  “Murdstone e Grinby” e che lo aiuterà anche a smascherare le mire del viscido e perfido Uriah Heep  (Ben Whishaw) è ben caratterizzato, poi zia  Betsey, che sembra essere uscita dalla ritrattistica plastica di Honoré Daumier.

E’ forse proprio l’inquietante Uriah Heep  unitamente al protagonista, ad essere il ritratto più vicino all’originale letterario; and last but not least uno poco convenzionale, originale e politically incorrect  Dev Patel nelle vesti del protagonista. Da vedere senza indugi.

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.