Manuale di sopravvivenza per stare sui social con leggerezza e senza volare via

C’è modo e modo di stare sui social. Ci si può stare per spiare gli altri, ma chi li usa per questo non ha bisogno di consigli, poiché sa giàtutto, anche di più di quello che sappiamo noi di noi stessi.

Questa categoria non è oggetto di questo post. Poi c’è chi sta sui social “per rilassarsi”e qui cominciano i problemi sia per chi vuole rilassarsi, sia per quelli che lo devono far rilassare, perché in realtàchi ci sta “per rilassarsi”, non si rilassa affatto, anzi di solito s’incazza come una bestia, polemizza con tutti, insulta e viene insultato. A questa  categoria di persone il manualetto potrebbe servire se non altro per suggerirgli, o suggerirle, che il social non è un posto per rilassarsi. È molto meglio essere propositivi.

Non importa gran che di quale siano i vostri interessi, l’importante è che li manifestiate e che grazie a questi, possiate ricavarvi una community nella community. Potremmo chiamare questa figura di frequentatore attivo dei social il “socialista”. Attenzione, il “socialista” non è esattamente un blogger, quest’ultimo infatti gestisce un blog personale, ma è ovvio che non è , e non vuole essere, sullo stesso piano dei suoi lettori, mentre il “socialista” è su un piano di parità egualitaria con il suo lettore che è a sua volta un iscritto al social (Facebook, Instagram, Twitter). Certo usare i social in questo modo è piuttosto impegnativo, richiede tempo, ma soprattutto passione.

In questo modo però potrete sempre contare su un vostro “pubblico”che a differenza della tv o della radio, non è un gruppo di persone adoranti, bensì una platea dialettica con la quale dovrete sempre fare i conti e cioè ascoltare, rispondere, occuparvi di loro. In questo senso la vita dell’hater o del troll, come si chiamava una volta, è molto più semplice: un insulto qui, una bannata là e la vita scorre felice. Di solito il “socialista” è iscritto al social dai tempi della sua nascita (del social, non del “socialista”, s’intende). Questa figura, qualche volta, trascolora in un’altra, quella dell’influencer (termine che in tempi di pandemia, desta più di un sospetto). Nessuno può definirsi influencer, poiché devono essere gli altri a decretarlo, ma tutti possono ambire ad esserlo. Si comincia ad essere sulla strada giusta (o sbagliata), quando il numero dei followers (attenzione, non degli “amici”, ma di quelli che ti seguono senza conoscerti), comincia ad essere di qualche migliaio di persone. Ci si accorge di essere in questa situazione, quando non si hanno più sotto controllo tutti i commenti, quando ti arrivano richieste di ogni tipo e soprattutto quando si moltiplicano gli inviti da parte di “escort”. Cosa occorre fare per diventare influencer? Qui sono fondamentali le fasce di età e il sesso.

Se per diventarlo a 18 anni (ma anche a 16 o a 20), è sufficiente avere il culo che il proprio video mentre “si piscia il cane”, venga visualizzato da quei due o tre milioni di minkioni che sono sempre sui social, per diventarlo a 40-50 anni (o anche 60),  è molto più complesso, tenendo conto che da giovani, vale la regola aurea che più cretinate si dicono più è facile diventarlo. Se però cercate deliberatamente di diventarlo e non siete giovani, avvenenti o idioti, tenete presente quanto segue:

  1. Pubblicate con regolarità post, immagini, commenti;
  2. Non prendetevi troppo sul serio;
  3. Fingete di credere ai complimenti che vi fanno;
  4. Schermitevi sempre;
  5. Discutete solo se strettamente necessario;
  6. Non commentate i post altrui;
  7. Seguite quelli migliori di voi (come diceva anche mia mamma);
  8. Non scrivete mai post lunghi come questo, se non quando potrete contare su 4-5.000 followers;
  9. Non rileggete mai quello che scrivete (altrimenti la vostra autostima andrebbe a farsi benedire);
  • Ma soprattutto condividete il mio post (ogni 100 followers che mi farete guadagnare ve ne potrei cedere un paio).

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Manuale di sopravvivenza per stare sui social con leggerezza e senza volare via

C’è modo e modo di stare sui social. Ci si può stare per spiare gli altri, ma chi li usa per questo non ha bisogno di consigli, poiché sa giàtutto, anche di più di quello che sappiamo noi di noi stessi.

Questa categoria non è oggetto di questo post. Poi c’è chi sta sui social “per rilassarsi”e qui cominciano i problemi sia per chi vuole rilassarsi, sia per quelli che lo devono far rilassare, perché in realtàchi ci sta “per rilassarsi”, non si rilassa affatto, anzi di solito s’incazza come una bestia, polemizza con tutti, insulta e viene insultato. A questa  categoria di persone il manualetto potrebbe servire se non altro per suggerirgli, o suggerirle, che il social non è un posto per rilassarsi. È molto meglio essere propositivi.

Non importa gran che di quale siano i vostri interessi, l’importante è che li manifestiate e che grazie a questi, possiate ricavarvi una community nella community. Potremmo chiamare questa figura di frequentatore attivo dei social il “socialista”. Attenzione, il “socialista” non è esattamente un blogger, quest’ultimo infatti gestisce un blog personale, ma è ovvio che non è , e non vuole essere, sullo stesso piano dei suoi lettori, mentre il “socialista” è su un piano di parità egualitaria con il suo lettore che è a sua volta un iscritto al social (Facebook, Instagram, Twitter). Certo usare i social in questo modo è piuttosto impegnativo, richiede tempo, ma soprattutto passione.

In questo modo però potrete sempre contare su un vostro “pubblico”che a differenza della tv o della radio, non è un gruppo di persone adoranti, bensì una platea dialettica con la quale dovrete sempre fare i conti e cioè ascoltare, rispondere, occuparvi di loro. In questo senso la vita dell’hater o del troll, come si chiamava una volta, è molto più semplice: un insulto qui, una bannata là e la vita scorre felice. Di solito il “socialista” è iscritto al social dai tempi della sua nascita (del social, non del “socialista”, s’intende). Questa figura, qualche volta, trascolora in un’altra, quella dell’influencer (termine che in tempi di pandemia, desta più di un sospetto). Nessuno può definirsi influencer, poiché devono essere gli altri a decretarlo, ma tutti possono ambire ad esserlo. Si comincia ad essere sulla strada giusta (o sbagliata), quando il numero dei followers (attenzione, non degli “amici”, ma di quelli che ti seguono senza conoscerti), comincia ad essere di qualche migliaio di persone. Ci si accorge di essere in questa situazione, quando non si hanno più sotto controllo tutti i commenti, quando ti arrivano richieste di ogni tipo e soprattutto quando si moltiplicano gli inviti da parte di “escort”. Cosa occorre fare per diventare influencer? Qui sono fondamentali le fasce di età e il sesso.

Se per diventarlo a 18 anni (ma anche a 16 o a 20), è sufficiente avere il culo che il proprio video mentre “si piscia il cane”, venga visualizzato da quei due o tre milioni di minkioni che sono sempre sui social, per diventarlo a 40-50 anni (o anche 60),  è molto più complesso, tenendo conto che da giovani, vale la regola aurea che più cretinate si dicono più è facile diventarlo. Se però cercate deliberatamente di diventarlo e non siete giovani, avvenenti o idioti, tenete presente quanto segue:

  1. Pubblicate con regolarità post, immagini, commenti;
  2. Non prendetevi troppo sul serio;
  3. Fingete di credere ai complimenti che vi fanno;
  4. Schermitevi sempre;
  5. Discutete solo se strettamente necessario;
  6. Non commentate i post altrui;
  7. Seguite quelli migliori di voi (come diceva anche mia mamma);
  8. Non scrivete mai post lunghi come questo, se non quando potrete contare su 4-5.000 followers;
  9. Non rileggete mai quello che scrivete (altrimenti la vostra autostima andrebbe a farsi benedire);
  • Ma soprattutto condividete il mio post (ogni 100 followers che mi farete guadagnare ve ne potrei cedere un paio).

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.