Woddy Allen, A proposito di niente

Woddy Allen non poteva che intitolare così la sua autobiografia anche se avrebbe potuto intitolare il poderoso volume edito in Italia da “La Nave di Teseo”, “A proposito di tutto”, perché nel corposo libro, c’è tutto Woody: il ragazzino di Brooklyn che passava i pomeriggi al cinema, il prestigiatore in erba, quello della “Public School 99”, il delinquente mancato, la sorella Letty, il comico al “Blue Angel”, il jazzista al quale deve anche il suo nome d’arte, il clarinettista Woody Herman, ma anche lo scrittore per il “New Yorker”, fino al grande regista che tutti noi conosciamo ed amiamo. Potrei dire che si tratta di una autobiografia meticolosa se non si rischiassi poi di equivocare sul senso generale del libro, che oltre a ricostruire dettagliatamente le fasi della vita del grande regista, è in realtà un divertentissimo racconto in puro stile alleniano.

“…Non ero un animale da palcoscenico, solo uno sbruffone nevrotico che a scuola ero sull’orlo dell’insufficienza (…) Io sognavo di andare nel West a guidare mandrie bovine ma probabilmente me la sarei data a gambe se mi fossi trovato davanti un manzo in forma diversa rispetto a quella di bistecca…”.

 

 

Ma la sua vita andò molto diversamente; Woody è assolutamente certo che solo il caso e una notevole dose di fortuna fecero sì che il cinema divenisse la sua vita. Nel volume scorrono tutte le idee, le vicende, le coincidenze, le storie di tutti i suoi film che sarebbe superfluo elencare qui, i suoi quarantasette film tutti scritti battendo i tasti di una vecchia macchina da scrivere “Olympus”, l’immancabile Santo Loquasto, le troupe, gli attori, le attrici, le compagne di viaggio o di vita come Harlene Susan Rosen, suo primo amore e sua prima moglie sulla quale Allen scrive pagine gustosissime: “Una volta che eravamo sulla Sunrise Highway, Harlen mi disse che i suoi erano andati via e che potevamo andare a casa sua e usare il loro letto. Infiammato dalla prospettiva, feci una inversione a U e andai a sbattere contro un palo della luce…” Poi Louise Lasser la seconda moglie, poi l’incontro con Diane Keaton, che Allen definisce il più grande amore della sua vita e con cui vinse due Oscar con “Io e Annie” del 1977 e infine la turbolenta relazione con Mia Farrow e lo scandalo di Soon-Yi Previn e Dylan Farrow.

Tutte vicende ampiamente raccontate dai giornali e sulle quali Woody Allen torna dolorosamente, ma che con puntigliosa disciplina smonta punto su punto. Un libro che si legge d’un fiato, ma solo se avete i polmoni di una balena, considerate le 786 pagine dell’edizione digitale, ma se amate Woody, questo non è un cimento che potrete evitare.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Woddy Allen non poteva che intitolare così la sua autobiografia anche se avrebbe potuto intitolare il poderoso volume edito in Italia da “La Nave di Teseo”, “A proposito di tutto”, perché nel corposo libro, c’è tutto Woody: il ragazzino di Brooklyn che passava i pomeriggi al cinema, il prestigiatore in erba, quello della “Public School 99”, il delinquente mancato, la sorella Letty, il comico al “Blue Angel”, il jazzista al quale deve anche il suo nome d’arte, il clarinettista Woody Herman, ma anche lo scrittore per il “New Yorker”, fino al grande regista che tutti noi conosciamo ed amiamo. Potrei dire che si tratta di una autobiografia meticolosa se non si rischiassi poi di equivocare sul senso generale del libro, che oltre a ricostruire dettagliatamente le fasi della vita del grande regista, è in realtà un divertentissimo racconto in puro stile alleniano. “…Non ero un animale da palcoscenico, solo uno sbruffone nevrotico che a scuola ero sull’orlo dell’insufficienza (…) Io sognavo di andare nel West a guidare mandrie bovine ma probabilmente me la sarei data a gambe se mi fossi trovato davanti un manzo in forma diversa rispetto a quella di bistecca…”.     Ma la sua vita andò molto diversamente; Woody è assolutamente certo che solo il caso e una notevole dose di fortuna fecero sì che il cinema divenisse la sua vita. Nel volume scorrono tutte le idee, le vicende, le coincidenze, le storie di tutti i suoi film che sarebbe superfluo elencare qui, i suoi quarantasette film tutti scritti battendo i tasti di una vecchia macchina da scrivere “Olympus”, l’immancabile Santo Loquasto, le troupe, gli attori, le attrici, le compagne di viaggio o di vita come Harlene Susan Rosen, suo primo amore e sua prima moglie sulla quale Allen scrive pagine gustosissime: “Una volta che eravamo sulla Sunrise Highway, Harlen mi disse che i suoi erano andati via e che potevamo andare a casa sua e usare il loro letto. Infiammato dalla prospettiva, feci una inversione a U e andai a sbattere contro un palo della luce…” Poi Louise Lasser la seconda moglie, poi l’incontro con Diane Keaton, che Allen definisce il più grande amore della sua vita e con cui vinse due Oscar con “Io e Annie” del 1977 e infine la turbolenta relazione con Mia Farrow e lo scandalo di Soon-Yi Previn e Dylan Farrow. Tutte vicende ampiamente raccontate dai giornali e sulle quali Woody Allen torna dolorosamente, ma che con puntigliosa disciplina smonta punto su punto. Un libro che si legge d’un fiato, ma solo se avete i polmoni di una balena, considerate le 786 pagine dell’edizione digitale, ma se amate Woody, questo non è un cimento che potrete evitare.

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