Cgil e Uil portano in piazza 2500 lavoratori da quattro province

La manifestazione contro la manovra del Governo che da piazza Cavour ha poi raggiunto quella del Duomo. Gianni Cortese (Uil): «Lo sciopero non è un capriccio»

Una grande marea azzurra e rossa (i colori della Uil e della Cgil) ha invaso questa mattina, venerdì 24 novembre, il centro storico di Novara. Sono stati i partecipanti della manifestazione che ha accompagnato lo sciopero nazionale dei settori del privato, che a sette giorni esatti dall’analoga protesta sostenuta dai lavoratori del pubblico, contro la legge di Bilancio presentata dal Governo.

Circa 2500 sono stati i partecipanti che hanno formato un corteo in piazza Cavour per poi dirigersi verso via Fratelli Rosselli. Al momento di svoltare, la testa del lungo “serpentone” si è fermata un attimo sotto le finestre di Palazzo Cabrino. Non sono mancate battute ironiche, accompagnate da slogan nei confronti dell’amministrazione cittadina, quasi subito sovrastati da un “Bella ciao” cantato a squarciagola da tanti presenti, proponendo una sorta di 25 Aprile decisamente fuori stagione per il freddo a tratti anche pungente.


In piazza Duomo, spazio che a fatica è riuscito a contenere tutti i partecipanti, i previsti interventi. Sul palco sono saliti i vari esponenti del mondo sindacale coinvolto. Moderati da Stefano De Grandis della Uil novarese hanno inizialmente preso la parola Maria Luisa Mauceri e Chiara Corbellini, che hanno dato lettura a un documento contro la violenza di genere, con un ricordo di Giulia Cecchettin, la giovane studentessa veneta assassinata la scorsa settimana, salutato anche da Novara con un “minuto di rumore”. Poi spazio al tema principale, con i tanti “no” nei confronti dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
Di «futuro nero» ha subito parlato Marco Marceddu, segretario della Fiom Ggil Novara e Vco, sottolineando l’atteggiamento di chi «pensi di mettere a tacere il dissenso per distogliere l’attenzione verso quelli che sono i reali problemi del Paese. Il mondo del lavoro – ha continuato – è lasciato allo sbando e anche settori storici e di nicchia del nostro territorio sono in sofferenza. Nella manovra non è stato messo un solo euro per interi comparti, pezzi d’Italia lasciati soli e svenduti».


Spazio poi a tante voci del mondo del lavoro, da Adriana Masella, addetta a una mensa scolastica («E’ reale una povertà retribuita») a Francesco Costanzo dell’edilizia («Opero nei cantieri stradali, non poco tempo fa ho rischiato grosso per un incidente e solo nel sindacato ho trovato assistenza»); dal metalmeccanico Antonio Martellotto («La nostra piattaforma non è stata presa in considerazione e con il taglio del cuneo fiscale ci hanno dato solo un pugno di euro, ma non bastano») alla rappresentante dei pensionati Rosangela Fontanella («I nostri vitalizi camminano, ma i prezzi corrono»). E poi ancora un’esponente del mondo del tessile, Deborah Cerai, che si è soffermata sulle problematiche legate al lavoro femminile («Il Governo vuole incentivare la crescita demografica ma non ci mette nelle condizioni di fare figli, le famiglie devono essere supportate di più»), sino a Davide Tonolli, giovane esponente del cosiddetto “lavoro somministrato”: « Non abbiamo gli stessi diritti ma continuiamo a subire vessazioni e ricatti psicologici. Chiediamo di poter lavorare e darci la possibilità di formare nuove famiglie».

Le conclusioni al segretario generale piemontese della Uil, Gianni Cortese, che senza mezzi termini ha ribadito come la «legge di Bilancio non recepisce nulla, non troviamo politiche per lo sviluppo e la coesione sociale, non favorisce i più deboli». E ancora: «Non c’è lotta all’evasione fiscale, vogliono toccare la tassazione progressiva ma non ci sono imposizioni su chi guadagna in Italia e (forse) paga le tasse all’estero, mentre i pensionati vengono usati come bancomat e registriamo tagli sempre maggiori alla sanità pubblica. Lo sciopero non è un capriccio, ma un diritto di chi vuole un Paese più civile e che sostenga una cultura di pace e di rispetto fra i generi».

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Cgil e Uil portano in piazza 2500 lavoratori da quattro province

La manifestazione contro la manovra del Governo che da piazza Cavour ha poi raggiunto quella del Duomo. Gianni Cortese (Uil): «Lo sciopero non è un capriccio»

Una grande marea azzurra e rossa (i colori della Uil e della Cgil) ha invaso questa mattina, venerdì 24 novembre, il centro storico di Novara. Sono stati i partecipanti della manifestazione che ha accompagnato lo sciopero nazionale dei settori del privato, che a sette giorni esatti dall'analoga protesta sostenuta dai lavoratori del pubblico, contro la legge di Bilancio presentata dal Governo.

Circa 2500 sono stati i partecipanti che hanno formato un corteo in piazza Cavour per poi dirigersi verso via Fratelli Rosselli. Al momento di svoltare, la testa del lungo “serpentone” si è fermata un attimo sotto le finestre di Palazzo Cabrino. Non sono mancate battute ironiche, accompagnate da slogan nei confronti dell'amministrazione cittadina, quasi subito sovrastati da un “Bella ciao” cantato a squarciagola da tanti presenti, proponendo una sorta di 25 Aprile decisamente fuori stagione per il freddo a tratti anche pungente.


In piazza Duomo, spazio che a fatica è riuscito a contenere tutti i partecipanti, i previsti interventi. Sul palco sono saliti i vari esponenti del mondo sindacale coinvolto. Moderati da Stefano De Grandis della Uil novarese hanno inizialmente preso la parola Maria Luisa Mauceri e Chiara Corbellini, che hanno dato lettura a un documento contro la violenza di genere, con un ricordo di Giulia Cecchettin, la giovane studentessa veneta assassinata la scorsa settimana, salutato anche da Novara con un “minuto di rumore”. Poi spazio al tema principale, con i tanti “no” nei confronti dell'esecutivo guidato da Giorgia Meloni.
Di «futuro nero» ha subito parlato Marco Marceddu, segretario della Fiom Ggil Novara e Vco, sottolineando l'atteggiamento di chi «pensi di mettere a tacere il dissenso per distogliere l'attenzione verso quelli che sono i reali problemi del Paese. Il mondo del lavoro – ha continuato – è lasciato allo sbando e anche settori storici e di nicchia del nostro territorio sono in sofferenza. Nella manovra non è stato messo un solo euro per interi comparti, pezzi d'Italia lasciati soli e svenduti».


Spazio poi a tante voci del mondo del lavoro, da Adriana Masella, addetta a una mensa scolastica («E' reale una povertà retribuita») a Francesco Costanzo dell'edilizia («Opero nei cantieri stradali, non poco tempo fa ho rischiato grosso per un incidente e solo nel sindacato ho trovato assistenza»); dal metalmeccanico Antonio Martellotto («La nostra piattaforma non è stata presa in considerazione e con il taglio del cuneo fiscale ci hanno dato solo un pugno di euro, ma non bastano») alla rappresentante dei pensionati Rosangela Fontanella («I nostri vitalizi camminano, ma i prezzi corrono»). E poi ancora un'esponente del mondo del tessile, Deborah Cerai, che si è soffermata sulle problematiche legate al lavoro femminile («Il Governo vuole incentivare la crescita demografica ma non ci mette nelle condizioni di fare figli, le famiglie devono essere supportate di più»), sino a Davide Tonolli, giovane esponente del cosiddetto “lavoro somministrato”: « Non abbiamo gli stessi diritti ma continuiamo a subire vessazioni e ricatti psicologici. Chiediamo di poter lavorare e darci la possibilità di formare nuove famiglie».

Le conclusioni al segretario generale piemontese della Uil, Gianni Cortese, che senza mezzi termini ha ribadito come la «legge di Bilancio non recepisce nulla, non troviamo politiche per lo sviluppo e la coesione sociale, non favorisce i più deboli». E ancora: «Non c'è lotta all'evasione fiscale, vogliono toccare la tassazione progressiva ma non ci sono imposizioni su chi guadagna in Italia e (forse) paga le tasse all'estero, mentre i pensionati vengono usati come bancomat e registriamo tagli sempre maggiori alla sanità pubblica. Lo sciopero non è un capriccio, ma un diritto di chi vuole un Paese più civile e che sostenga una cultura di pace e di rispetto fra i generi».

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