Considerato affine al Barolo, il Barbaresco, come del resto il suo prestigioso “parente”, nasce nelle Langhe e anche lui può vantare di essere una delle prime denominazioni riconosciute in Italia fin dalla metà degli anni ’60 del secolo scorso. Anzi, in una sorta di sfida a distanza tra questi due grandi rossi piemontesi, se il primo viene definito “re” il Barberesco viene definito… la “regina”. O almeno così ha voluto definirlo la giornalista enologica statunitense Kerin O’Keefe in un documento pubblicato dall’Università della California.
Come per diversi altri vini le sue origini affondano nella notte dei tempi, dove la storia si mescola con la leggenda. Per qualcuno le venuta stessa dei Galli in Italia si deve alla loro attrazione nei confronti di una bevanda conosciuta come “Barbaritium”, mentre per altri il suo stesso nome dovrebbe essere associato invece alle popolazioni barbariche che provocarono il collasso dell’Impero romano. Al di là di queste notizie, tramandate da una certa tradizione popolare, si può invece affermare che l’anno di nascita del Barbaresco (questo conosciuto e accettato da tutti) è il 1894 grazie alla fondazione di una cantina sociale nella località langarola, anche se i primi passi erano stati mossi un sessantennio prima grazie al contributo del generale Staglieno.
Nonostante tutto, a tappe più o meno forzate, il Barbaresco ha saputo conquistare il suo giusto spazio e, negli ultimi due decenni in particolare modo, alcuni esperti del settore sono orientati a preferirlo al Barolo proprio per la sua diversità e delicatezza. Entrambi sono prodotti utilizzando uve Nebbiolo anche se diverse sono le caratteristiche del suolo, con il Barbaresco che sfrutta terreni più sabbiosi. Inoltre, come da disciplinare, questo vino vedere la luce in un’area piuttosto circoscritta a soli quattro comuni: oltre a quello che gli dà il nome, solo Neive, Treiso (sino al 1957 frazione proprio di Barbaresco) e la località San Rocco di Alba. Caratteristica fondamentale è l’invecchiamento, che deve essere di almeno 26 mesi, di cui la metà in botte. Un affinamento paziente che contribuisce a creare quella giusta armonicità che lo rendono sempre apprezzabile.