La vita in una stanza. Le residenze universitarie ai tempi del Covid-19

L’emergenza sanitaria nazionale mette alla prova anche le residenze universitarie di Novara. In questa particolare situazione abitativa le problematiche che tutti noi stiamo vivendo vengono accentuate. Ma lo stesso vale anche per le risorse che una situazione di questo tipo fa emergere.

L’Università del Piemonte Orientale è fortemente radicata nel territorio, ma la sua offerta formativa attrae studenti provenienti anche da altre realtà, sia regionali che internazionali. Questi “studenti fuorisede” hanno a disposizione diverse soluzioni abitative, tra cui quella delle residenze universitarie messe a disposizione e gestite dall’E.DI.S.U. (Ente Regionale per il Diritto agli Studi Universitari).

In particolare, la città Novara ne ospita quattro, per un totale di un centinaio di studenti. Sono di diverso tipo: le residenze “Mazzini” e “Pontida” sono costituite da dei miniappartamenti dotati di tutto l’occorrente, mentre le residenze “Perrone” e “Castalia” – inserite all’interno del Campus universitario Perrone – offrono camere singole o doppie e sale comuni.

Il vantaggio delle residenze è anzitutto economico: un affitto estremamente agevolato a cui è possibile accedere in base al reddito mediante un concorso pubblico; il beneficio viene poi riconfermato secondo i meriti accademici. Un altro aspetto positivo è la particolare dimensione comunitaria che si viene a creare: numerose persone provenienti da diversi luoghi e culture hanno l’opportunità di incontrarsi in uno scambio continuo.

Ma la convivenza non è sempre facile; creare uno spazio condiviso adatto a così tante persone, così tanto diverse non è scontato. Il problema principale è di natura comunicativa, sia tra gli studenti sia nel loro rapporto con l’amministrazione. Proprio per affrontare le possibili problematiche ogni residenza ha uno o più rappresentati, i quali agiscono da intermediari. Anche l’inevitabile presenza di regole e la mancanza di spazi possono complicare le relazioni.

Tutto ciò viene acuito dalla particolare situazione che ognuno di noi sta vivendo, dati i provvedimenti che l’attuale emergenza sanitaria ha comportato. Come l’Italia, decreto dopo decreto, ha visto la chiusura progressiva di ogni attività e luogo pubblico, così agli studenti delle residenze è stato tolto poco a poco ogni spazio comune e possibilità di accesso delle persone esterne.

«Adesso, per esempio, siamo arrivati allo step in cui se usciamo dalle nostre singole stanze mettiamo le mascherine – testimonia Donatella Talotta, studentessa di Medical Biotechnologies presso il Dipartimento di Scienze della Salute e rappresentante della residenza universitaria “Castalia” -. Nei corridoi e negli spazi comuni che ancora possiamo utilizzare (la cucina e la lavanderia) bisogna andare con le mascherine, non bisogna affollare gli spazi, in cucina sono ammesse solo due persone per volta. La maggior parte di noi sta chiuso in camera ed esce solo per motivi di necessità. È stata dura all’inizio comprendere il perché, comprenderlo davvero e accettarlo, e quindi metterlo in pratica».

Nella residenza “Castalia” sono rimasti una cinquantina di studenti, rispetto ai settanta/ottanta posti letto disponibili. I comportamenti sono stati diversi: alcuni erano tornati a casa già prima dell’inizio dell’emergenza, altri hanno preso parte al gigantesco esodo verso il Sud di inizio marzo, molti altri invece hanno deciso di restare (soprattutto gli studenti stranieri, vista la maggiore distanza da percorrere). Caso ancora più particolare quello degli studenti della residenza “Perrone”, la quale è stata destinata al personale medico-sanitario accorso per l’emergenza. Tale provvedimento è stato preso al fine di proteggere le famiglie di medici e infermieri impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19; così, una decina di studenti è stata integrata nella più capiente “Castalia”.

«Questa nuova situazione ci ha spinti a dover partecipare innanzitutto di più, ognuno ad esprimere la propria opinione, il proprio parere, la propria idea – continua Donatella Talotta -. A farsi conoscere, a conoscere l’altro, ad andare incontro all’altro. All’inizio ci possono essere degli scontri, ma in generale ho riscontrato più solidarietà. Nonostante i rapporti sociali siano stati azzerati, riusciamo a convivere bene».

Sono queste le risorse che emergono in tempi di crisi, se le si sa coltivare; il microcosmo delle residenze universitarie ci fornisce un esempio positivo di come affrontare al meglio la situazione che stiamo vivendo grazie a solidarietà, comunicazione e cooperazione.

Trovate l’intervista integrale in formato audio qui

Benjamin Cucchi e Maddalena Bellasio, Radio 6023

 

 

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La vita in una stanza. Le residenze universitarie ai tempi del Covid-19

L’emergenza sanitaria nazionale mette alla prova anche le residenze universitarie di Novara. In questa particolare situazione abitativa le problematiche che tutti noi stiamo vivendo vengono accentuate. Ma lo stesso vale anche per le risorse che una situazione di questo tipo fa emergere.

L’Università del Piemonte Orientale è fortemente radicata nel territorio, ma la sua offerta formativa attrae studenti provenienti anche da altre realtà, sia regionali che internazionali. Questi “studenti fuorisede” hanno a disposizione diverse soluzioni abitative, tra cui quella delle residenze universitarie messe a disposizione e gestite dall’E.DI.S.U. (Ente Regionale per il Diritto agli Studi Universitari).

In particolare, la città Novara ne ospita quattro, per un totale di un centinaio di studenti. Sono di diverso tipo: le residenze “Mazzini” e “Pontida” sono costituite da dei miniappartamenti dotati di tutto l’occorrente, mentre le residenze “Perrone” e “Castalia” – inserite all’interno del Campus universitario Perrone – offrono camere singole o doppie e sale comuni.

Il vantaggio delle residenze è anzitutto economico: un affitto estremamente agevolato a cui è possibile accedere in base al reddito mediante un concorso pubblico; il beneficio viene poi riconfermato secondo i meriti accademici. Un altro aspetto positivo è la particolare dimensione comunitaria che si viene a creare: numerose persone provenienti da diversi luoghi e culture hanno l’opportunità di incontrarsi in uno scambio continuo.

Ma la convivenza non è sempre facile; creare uno spazio condiviso adatto a così tante persone, così tanto diverse non è scontato. Il problema principale è di natura comunicativa, sia tra gli studenti sia nel loro rapporto con l’amministrazione. Proprio per affrontare le possibili problematiche ogni residenza ha uno o più rappresentati, i quali agiscono da intermediari. Anche l’inevitabile presenza di regole e la mancanza di spazi possono complicare le relazioni.

Tutto ciò viene acuito dalla particolare situazione che ognuno di noi sta vivendo, dati i provvedimenti che l’attuale emergenza sanitaria ha comportato. Come l’Italia, decreto dopo decreto, ha visto la chiusura progressiva di ogni attività e luogo pubblico, così agli studenti delle residenze è stato tolto poco a poco ogni spazio comune e possibilità di accesso delle persone esterne.

«Adesso, per esempio, siamo arrivati allo step in cui se usciamo dalle nostre singole stanze mettiamo le mascherine – testimonia Donatella Talotta, studentessa di Medical Biotechnologies presso il Dipartimento di Scienze della Salute e rappresentante della residenza universitaria “Castalia” -. Nei corridoi e negli spazi comuni che ancora possiamo utilizzare (la cucina e la lavanderia) bisogna andare con le mascherine, non bisogna affollare gli spazi, in cucina sono ammesse solo due persone per volta. La maggior parte di noi sta chiuso in camera ed esce solo per motivi di necessità. È stata dura all’inizio comprendere il perché, comprenderlo davvero e accettarlo, e quindi metterlo in pratica».

Nella residenza “Castalia” sono rimasti una cinquantina di studenti, rispetto ai settanta/ottanta posti letto disponibili. I comportamenti sono stati diversi: alcuni erano tornati a casa già prima dell’inizio dell’emergenza, altri hanno preso parte al gigantesco esodo verso il Sud di inizio marzo, molti altri invece hanno deciso di restare (soprattutto gli studenti stranieri, vista la maggiore distanza da percorrere). Caso ancora più particolare quello degli studenti della residenza “Perrone”, la quale è stata destinata al personale medico-sanitario accorso per l’emergenza. Tale provvedimento è stato preso al fine di proteggere le famiglie di medici e infermieri impegnati in prima linea nella lotta al Covid-19; così, una decina di studenti è stata integrata nella più capiente “Castalia”.

«Questa nuova situazione ci ha spinti a dover partecipare innanzitutto di più, ognuno ad esprimere la propria opinione, il proprio parere, la propria idea – continua Donatella Talotta -. A farsi conoscere, a conoscere l’altro, ad andare incontro all’altro. All’inizio ci possono essere degli scontri, ma in generale ho riscontrato più solidarietà. Nonostante i rapporti sociali siano stati azzerati, riusciamo a convivere bene».

Sono queste le risorse che emergono in tempi di crisi, se le si sa coltivare; il microcosmo delle residenze universitarie ci fornisce un esempio positivo di come affrontare al meglio la situazione che stiamo vivendo grazie a solidarietà, comunicazione e cooperazione.

Trovate l’intervista integrale in formato audio qui

Benjamin Cucchi e Maddalena Bellasio, Radio 6023

 

 

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