Novara FC, due mesi per evitare di diventare un film già visto

Al netto della qualità degli interpreti e del mantenimento più o meno fedele di ambientazioni e ritmi, i remake cinematografici hanno una caratteristica irrinunciabile: lo sviluppo degli eventi, fino all’epilogo, rimane rigorosamente fedele all’originale. Ecco, a guardare quello che sta vivendo il Novara FC nel corso della sua seconda stagione di vita, quella attuale, nonché prima tra i professionisti, la sensazione che si ha da almeno un paio di mesi è che il pericolo che l’atteso nuovo corso si trasformi in un triste remake di un film già visto, sia più concreto che mai. Sarà stato che l’entusiasmo da “sbornia” post campionato vinto ha annebbiato un po’ le valutazioni di tutti, sarà stato commesso un errore di sopravvalutazione della squadra allestita in estate, sarà stato un po’ anche il caso che, tra un infortunio e un imprevisto, non ha propriamente giocato un ruolo amico del club. Sarà stato tutto questo e tanto altro ancora, ma è innegabile che nessuno si aspettasse una stagione di tale sofferenza.

La squadra allestita non sarà stata la Ferrari che si aspettava il presidente Ferranti ma tutto sommato non è nemmeno il macinino arrugginito (e ingolfato) che sembra essere oggi. Tradotto in obiettivi: forse era troppo anche solo immaginare che un obiettivo realistico potesse essere la promozione ma non era nemmeno preventivabile che a meno di un terzo di campionato ancora da disputare, la prospettiva concreta con cui misurarsi fosse quella di portare a casa la pelle… ovvero di salvarsi. Eppure è un qualcosa con cui forzatamente il club ha dovuto iniziare a fare i conti almeno da un paio di settimane e non solo per la classifica attuale, che pure lascerebbe ancora intravedere agli azzurri maggiori probabilità di fare i playoff di quante ne abbiano di sprofondare in zona playout.

Una sconfitta dopo l’altra, una prestazione negativa dopo l’altra, una posizione persa dopo l’altra, però, è stato doveroso rivedere al ribasso gli obiettivi, mentre venivano “tritati” dagli allenatori (Marchionni è stato il primo a saltare in estate ed è il terzo a subentrare in stagione, a chiusura di un cerchio non propriamente privo di spigoli…), calciatori e finanche il direttore sportivo, facendo precipitare la squadra in una pericolosissima “apatia”. Il tutto mentre il “mantra” che un po’ tutto l’ambiente è sembrato ripetersi fino allo sfinimento, più per autoconvincersi che per reale convinzione, è sempre lo stesso: «La squadra è forte, ne verrà fuori. Dobbiamo guardare a chi ci sta davanti, non a chi ci sta dietro».

La verità è che oggi la squadra non ha né entusiasmo né certezze e questo sembra essere un peso insostenibile per gli uomini di Marchionni.

Tornando all’incipit, fino a qui la stagione è stata un remake di un film già visto ben due volte nell’ultimo decennio. Erano diversi gli interpreti, era diverso persino il club (il “fu” Novara Calcio, la cui eredità è stata raccolta grazie all’impegno del presidente Ferranti dal Novara FC) ma lo sviluppo di una stagione nata tra grandi obiettivi (l’obiettivo promozione) e scivolata poi via via prima nell’anonimato e nei rimpianti, fino al dramma finale della retrocessione, a Novara è un film già andato in onda nel 2013-2014 e in ancor più dolorosa replica nel 2017-2018. E se nel primo caso il ko è stato il preludio a una pronta risalita e rilancio (il campionato 2014-2015 vinto e un paio di successive dignitose stagioni in serie cadetta), nel secondo caso è stato, a tutti gli effetti, l’inizio della fine. Tra calciatori capricciosi (gli sfoghi contro giornalisti e tifosi non sono altro che l’esaltazione dell’ego e dell’io in un contesto in cui squadra e “noi” dovrebbero essere le parole chiave su cui costruire qualcosa di positivo) e dal rendimento insufficiente, caos nella gestione tecnica (tre allenatori in un anno sono troppi, la staffetta tra direttori sportivi a mercato in corso non è l’ideale per garantire serenità e continuità) e l’incubo infortuni a falcidiare ulteriormente le forze, il margine di manovra è oggi ridotto al minimo.

Nove giornate da disputare, tre punti di vantaggio sulla zona playout da difendere allo stremo. Per il bene di tutti, il punto mancante per rientrare nei playoff, non va messo all’ordine del giorno alla voce “obiettivi”. Quel che verrà verrà ma mantenere la categoria è oggi l’unica reale possibilità per non disperdere definitivamente quell’entusiasmo creato dalla nuova proprietà un anno e mezzo fa e ringalluzzito da un campionato, sia pure di serie D, dominato.

Una parentesi finale per il presidente Ferranti, l’unica figura probabilmente in grado di mettere d’accordo tutti, addetti ai lavori e tifosi. La sua passione è genuina, così come è encomiabile il suo desiderio di porsi in prima linea, assumendosi responsabilità e prendendo le difese di tutti, dalla direzione sportiva a quella tecnica, fino anche ai calciatori e tutto questo non può essere messo in dubbio. Così come non è in dubbio, parole sue, la continuità del progetto, inteso come proprietà, per quanto siano i benvenuti soci disposti a sostenere le ambizioni sue e della piazza.

Ciò detto e con il beneficio del dubbio su quanto possano dare un impulso positivo o meno al gruppo molte delle dichiarazioni rilasciate nella conferenza stampa come quella di mercoledì (e che forse sarebbero state più opportune in un contesto “off the records”), il timore grosso è che per molti questo sia già diventato il tempo dei bilanci. Come se, sfumata ogni possibilità di promozione, in gioco non ci sia più nulla. Sarebbe sbagliato e deleterio: per i bilanci ci sarà tempo tra un paio di mesi. Prima c’è prendere in mano il copione per scrivere un lieto fine a una stagione e trasformare in qualcosa di diverso quello che sembra proprio il remake di qualcosa già visto e vissuto.

Riusciranno i nostri eroi…?

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Al netto della qualità degli interpreti e del mantenimento più o meno fedele di ambientazioni e ritmi, i remake cinematografici hanno una caratteristica irrinunciabile: lo sviluppo degli eventi, fino all’epilogo, rimane rigorosamente fedele all’originale. Ecco, a guardare quello che sta vivendo il Novara FC nel corso della sua seconda stagione di vita, quella attuale, nonché prima tra i professionisti, la sensazione che si ha da almeno un paio di mesi è che il pericolo che l’atteso nuovo corso si trasformi in un triste remake di un film già visto, sia più concreto che mai. Sarà stato che l’entusiasmo da “sbornia” post campionato vinto ha annebbiato un po’ le valutazioni di tutti, sarà stato commesso un errore di sopravvalutazione della squadra allestita in estate, sarà stato un po’ anche il caso che, tra un infortunio e un imprevisto, non ha propriamente giocato un ruolo amico del club. Sarà stato tutto questo e tanto altro ancora, ma è innegabile che nessuno si aspettasse una stagione di tale sofferenza.

La squadra allestita non sarà stata la Ferrari che si aspettava il presidente Ferranti ma tutto sommato non è nemmeno il macinino arrugginito (e ingolfato) che sembra essere oggi. Tradotto in obiettivi: forse era troppo anche solo immaginare che un obiettivo realistico potesse essere la promozione ma non era nemmeno preventivabile che a meno di un terzo di campionato ancora da disputare, la prospettiva concreta con cui misurarsi fosse quella di portare a casa la pelle… ovvero di salvarsi. Eppure è un qualcosa con cui forzatamente il club ha dovuto iniziare a fare i conti almeno da un paio di settimane e non solo per la classifica attuale, che pure lascerebbe ancora intravedere agli azzurri maggiori probabilità di fare i playoff di quante ne abbiano di sprofondare in zona playout.

Una sconfitta dopo l’altra, una prestazione negativa dopo l’altra, una posizione persa dopo l’altra, però, è stato doveroso rivedere al ribasso gli obiettivi, mentre venivano “tritati” dagli allenatori (Marchionni è stato il primo a saltare in estate ed è il terzo a subentrare in stagione, a chiusura di un cerchio non propriamente privo di spigoli…), calciatori e finanche il direttore sportivo, facendo precipitare la squadra in una pericolosissima “apatia”. Il tutto mentre il “mantra” che un po’ tutto l’ambiente è sembrato ripetersi fino allo sfinimento, più per autoconvincersi che per reale convinzione, è sempre lo stesso: «La squadra è forte, ne verrà fuori. Dobbiamo guardare a chi ci sta davanti, non a chi ci sta dietro».

La verità è che oggi la squadra non ha né entusiasmo né certezze e questo sembra essere un peso insostenibile per gli uomini di Marchionni.

Tornando all’incipit, fino a qui la stagione è stata un remake di un film già visto ben due volte nell’ultimo decennio. Erano diversi gli interpreti, era diverso persino il club (il “fu” Novara Calcio, la cui eredità è stata raccolta grazie all’impegno del presidente Ferranti dal Novara FC) ma lo sviluppo di una stagione nata tra grandi obiettivi (l’obiettivo promozione) e scivolata poi via via prima nell’anonimato e nei rimpianti, fino al dramma finale della retrocessione, a Novara è un film già andato in onda nel 2013-2014 e in ancor più dolorosa replica nel 2017-2018. E se nel primo caso il ko è stato il preludio a una pronta risalita e rilancio (il campionato 2014-2015 vinto e un paio di successive dignitose stagioni in serie cadetta), nel secondo caso è stato, a tutti gli effetti, l’inizio della fine. Tra calciatori capricciosi (gli sfoghi contro giornalisti e tifosi non sono altro che l’esaltazione dell’ego e dell’io in un contesto in cui squadra e “noi” dovrebbero essere le parole chiave su cui costruire qualcosa di positivo) e dal rendimento insufficiente, caos nella gestione tecnica (tre allenatori in un anno sono troppi, la staffetta tra direttori sportivi a mercato in corso non è l’ideale per garantire serenità e continuità) e l’incubo infortuni a falcidiare ulteriormente le forze, il margine di manovra è oggi ridotto al minimo.

Nove giornate da disputare, tre punti di vantaggio sulla zona playout da difendere allo stremo. Per il bene di tutti, il punto mancante per rientrare nei playoff, non va messo all’ordine del giorno alla voce “obiettivi”. Quel che verrà verrà ma mantenere la categoria è oggi l’unica reale possibilità per non disperdere definitivamente quell’entusiasmo creato dalla nuova proprietà un anno e mezzo fa e ringalluzzito da un campionato, sia pure di serie D, dominato.

Una parentesi finale per il presidente Ferranti, l’unica figura probabilmente in grado di mettere d’accordo tutti, addetti ai lavori e tifosi. La sua passione è genuina, così come è encomiabile il suo desiderio di porsi in prima linea, assumendosi responsabilità e prendendo le difese di tutti, dalla direzione sportiva a quella tecnica, fino anche ai calciatori e tutto questo non può essere messo in dubbio. Così come non è in dubbio, parole sue, la continuità del progetto, inteso come proprietà, per quanto siano i benvenuti soci disposti a sostenere le ambizioni sue e della piazza.

Ciò detto e con il beneficio del dubbio su quanto possano dare un impulso positivo o meno al gruppo molte delle dichiarazioni rilasciate nella conferenza stampa come quella di mercoledì (e che forse sarebbero state più opportune in un contesto “off the records”), il timore grosso è che per molti questo sia già diventato il tempo dei bilanci. Come se, sfumata ogni possibilità di promozione, in gioco non ci sia più nulla. Sarebbe sbagliato e deleterio: per i bilanci ci sarà tempo tra un paio di mesi. Prima c’è prendere in mano il copione per scrivere un lieto fine a una stagione e trasformare in qualcosa di diverso quello che sembra proprio il remake di qualcosa già visto e vissuto.

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