Il centrodestra accelera sulla riforma delle Province, in Parlamento e fuori. Mentre il disegno di legge che prevede tra l’altro il ritorno all’elezione diretta di presidente e consiglieri provinciali, iniziativa presentata dal senatore di Fratelli d’Italia Marco Silvestroni e che vede come primo cofirmatario il novarese Gaetano Nastri, ha iniziato in questi giorni il suo iter in Commissione Affari costituzionali in sede redigente, sono continue le prese di posizione da parte di esponenti, in particolare della Lega, che sul tema non vuole perdere “posizioni” rispetto al partito alleato, contrarie all’attuale situazione. Il governatore della Lombardia Attilio Fontana, solo per fare un esempio, ancora a inizio settimana è tornato sull’argomento ribadendo «l’inutilità delle Province, che non possono rimanere quelle di adesso», tornando a chiedere ulteriori autonomie.
Sul fronte delle opposizioni, se si erano registrati anche nelle fila del Pd non pochi ripensamenti rispetto a una “riforma Delrio” rimasta incompiuta, ecco che la proposta – almeno nell’attuale formulazione – non sembra trovare convincimento. Per il senatore ossolano del Pd Enrico Borghi «il riordino degli enti locali non si risolve con un disegno di legge puntuale su un aspetto specifico, ma deve stare dentro inevitabilmente a un percorso di riforma che peraltro la stessa maggioranza ha lanciato, unendo il tema dell’autonomia differenziata con quello del presidenzialismo. Una questione abbastanza complessa e intricata dal punto di vista delle competenze e preoccupante per quanto riguarda gli equilibri di potere».
Per Borghi «il ruolo degli enti locali deve collocarsi dentro questa “cornice”», ricordando che i “dem” intendono «riaffermare la centralità delle autonomie locali dentro un percorso di riforma che non veda la creazione di nuovi centralismi regionali come invece la maggioranza di governo intende fare, circostanza che trasformerebbe le province da soggetti esponenziali di organizzazione dei Comuni a enti decentrati delle Regioni, come del resto oggi avviene in Sicilia».
La proposta è quindi quella di «riorganizzare la base della sussidarietà e per questo chiediamo un luogo di discussione parlamentare anziché modalità confuse come quelle che si stanno mettendo in campo, tenuto conto del fatto che le riforme senza soldi non stanno in piedi e quindi inevitabilmente l’introduzione di una diversa funzione delle Province porta con sé anche il tema di come si finanziano le funzioni attribuite. Quindi – ha concluso – il tema dell’autonomia non può che stare insieme con quello della riforma degli enti e della finanza locali. Consiglierei maggiore organicità e non misure spot».
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