Il passo indietro di Furia e i malumori della base “dem”

Il segretario regionale del Pd non sarà candidato alle politiche del prossimo 25 settembre, “sacrificato” per esigenze di coalizione. Pirovano: «Il taglio dei parlamentari penalizza la rappresentanza dei territori»

“E’ stato un onore essere annoverato tra i candidati alle elezioni politiche per il Pd, partito che servo da tanti anni, prima come segretario provinciale del mio territorio e poi, da fine 2018, come segretario regionale. Purtroppo non sarò candidato. Questo principalmente a causa del taglio dei parlamentari, che ha ridotto oggettivamente gli spazi di rappresentanza senza produrre alcun miglioramento nel funzionamento della democrazia”.


E’ iniziato così il lungo post sul suo profilo di un noto social con il quale il segretario regionale del Pd Paolo Furia ha annunciato il suo “passo indietro” nella corsa verso un seggio a Montecitorio. Indicato sino a una decina di giorni fa come possibile capolista nel collegio plurinominale Piemonte 2 (quello che comprende tutta la nostra regione ad eccezione di Torino e Cuneo), sul finire della scorsa settimana alcune indiscrezioni rimbalzate dal capoluogo subalpino (e addirittura da Roma) lo vedevano “sacrificato” davanti ai superiori interessi della coalizione. Senza troppi giri di parole, poiché nel collegio dove il secondo posto nella lista bloccata è occupato dalla novarese Emanuela Allegra il centrosinistra eleggerà (stando alle previsioni) un solo deputato, occorreva “garantire” il posto all’alessandrino Federico Fornaro, parlamentare uscente di Liberi e Uguali e ora in corsa per Articolo Uno, formazione alleata del Pd. Una decisione che in questi giorni sta procurando qualche percepibile malumore nella base “dem”, con non pochi elettori che saranno chiamati a barrare il loro simbolo sulla scheda sapendo che il voto dovrà confermare le decisioni dall’alto di garantire l’elezione a un esponente politico che dal Pd era uscito qualche anno fa.


Ancora venerdì scorso a Villadossola, in occasione della serata con Enrico Letta, Furia (primo a destra nella foto scattata in quella occasione) parlando con i giornalisti presenti si era mostrato ancora possibilista, anche se traspariva un certo nervosismo: «Questa volta compilare le liste è stato più complicato del solito anche per la difficile situazione politica e dall’instabile quadro delle alleanze – aveva spiegato – Tutto questo ha determinato una forte centralizzazione romana di tutte le scelte, con poco margine per il confronto con territori. Si è scelto di favorire operazioni di allargamento della lista, anche se talvolta a caro prezzo». Insomma, un “passo indietro” facendo buon viso a cattivo gioco…


«Putroppo – aveva commentato sempre venerdì sera il segretario provinciale novarese del Pd Rossano Pirovano – stiamo pagando enormemente la legge costituzionale che ha determinato il taglio dei parlamentari, con la conseguente creazione di giganteschi collegi elettorali. Una scelta che penalizzerà i territori, che si troveranno senza nessun rappresentante in Parlamento».

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Il passo indietro di Furia e i malumori della base “dem”

Il segretario regionale del Pd non sarà candidato alle politiche del prossimo 25 settembre, “sacrificato” per esigenze di coalizione. Pirovano: «Il taglio dei parlamentari penalizza la rappresentanza dei territori»

“E’ stato un onore essere annoverato tra i candidati alle elezioni politiche per il Pd, partito che servo da tanti anni, prima come segretario provinciale del mio territorio e poi, da fine 2018, come segretario regionale. Purtroppo non sarò candidato. Questo principalmente a causa del taglio dei parlamentari, che ha ridotto oggettivamente gli spazi di rappresentanza senza produrre alcun miglioramento nel funzionamento della democrazia”.


E’ iniziato così il lungo post sul suo profilo di un noto social con il quale il segretario regionale del Pd Paolo Furia ha annunciato il suo “passo indietro” nella corsa verso un seggio a Montecitorio. Indicato sino a una decina di giorni fa come possibile capolista nel collegio plurinominale Piemonte 2 (quello che comprende tutta la nostra regione ad eccezione di Torino e Cuneo), sul finire della scorsa settimana alcune indiscrezioni rimbalzate dal capoluogo subalpino (e addirittura da Roma) lo vedevano “sacrificato” davanti ai superiori interessi della coalizione. Senza troppi giri di parole, poiché nel collegio dove il secondo posto nella lista bloccata è occupato dalla novarese Emanuela Allegra il centrosinistra eleggerà (stando alle previsioni) un solo deputato, occorreva “garantire” il posto all’alessandrino Federico Fornaro, parlamentare uscente di Liberi e Uguali e ora in corsa per Articolo Uno, formazione alleata del Pd. Una decisione che in questi giorni sta procurando qualche percepibile malumore nella base “dem”, con non pochi elettori che saranno chiamati a barrare il loro simbolo sulla scheda sapendo che il voto dovrà confermare le decisioni dall’alto di garantire l’elezione a un esponente politico che dal Pd era uscito qualche anno fa.


Ancora venerdì scorso a Villadossola, in occasione della serata con Enrico Letta, Furia (primo a destra nella foto scattata in quella occasione) parlando con i giornalisti presenti si era mostrato ancora possibilista, anche se traspariva un certo nervosismo: «Questa volta compilare le liste è stato più complicato del solito anche per la difficile situazione politica e dall’instabile quadro delle alleanze – aveva spiegato – Tutto questo ha determinato una forte centralizzazione romana di tutte le scelte, con poco margine per il confronto con territori. Si è scelto di favorire operazioni di allargamento della lista, anche se talvolta a caro prezzo». Insomma, un “passo indietro” facendo buon viso a cattivo gioco…


«Putroppo – aveva commentato sempre venerdì sera il segretario provinciale novarese del Pd Rossano Pirovano – stiamo pagando enormemente la legge costituzionale che ha determinato il taglio dei parlamentari, con la conseguente creazione di giganteschi collegi elettorali. Una scelta che penalizzerà i territori, che si troveranno senza nessun rappresentante in Parlamento».

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