Pochi ne parlano, soprattutto in questi giorni, e non sembra esserci grande interesse, ma da oggi inizia il periodo di campagna elettorale per il referendum con cui confermare, o respingere, la legge costituzionale 240 del 12 ottobre 2019, che ha disposto la riduzione del numero dei parlamentari: il voto è fissato per la sola domenica 29 marzo 2020, dalle 7 alle 23.
Il principale effetto della nuova legge – alla quale siamo chiamati a dire “sì” o “no” – è di tagliare 345 parlamentari a partire dalle prossime elezioni politiche. Una riduzione che si applica proporzionalmente quasi in tutto il territorio nazionale e i cui possibili effetti in Piemonte e nel Novarese sono spiegati in un articolo a parte.
Niente quorum
Il referendum è confermativo di una legge costituzionale non ancora promulgata e non prevede alcun quorum: perché la riforma sia promulgata è necessario che sia approvata dalla maggioranza dei voti validi, indipendentemente dal numero di votanti.
Il quesito
Sulla scheda si troverà il quesito: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente ‘Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – Serie generale – n.240 del 12 ottobre 2019?”.
Chi può votare
Al referendum possono votare tutti i cittadini italiani maggiorenni, che il 29 marzo 2020 abbiano già compiuto 18 anni di età: per votare si dovranno presentare ai seggi con un documento d’identità valido e la tessera elettorale.
Conseguenze del voto
In caso di vittoria dei “sì” il Capo dello Stato promulgherà la legge e verranno definitivamente modificati i tre articoli della Costituzione che riducono il numero dei parlamentari. Inoltre il Governo è delegato ad emanare, entro 60 giorni dalla promulgazione, un decreto che modifichi i collegi elettorali, verosimilmente riducendone il numero ed ampliandoli territorialmente, per adeguarli al minor numero di eletti. Si dovranno anche modificare le norme che regolano l’elezione del Presidente della Repubblica, attraverso una legge costituzionale, oggi a livello di proposta, che prevede la riduzione da tre a due del numero dei delegati regionali chiamati ad eleggere il Capo dello Stato.
In caso di vittoria dei “no” sarà come se la legge stessa non avesse mai visto la luce e l’esito della consultazione verrà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Non verrà nemmeno dato corso a nuove norme per l’elezione del Presidente della Repubblica.
Le modifiche alla Costituzione della legge oggetto di referendum
La legge sottoposta a referendum confermativo prevede sostanzialmente la modifica di tre articoli della Costituzione. All’articolo 56 porta a 400 il numero totale dei deputati (contro i 630 attuali) di cui 392 eletti in Italia e 8 (contro 12) all’Estero. All’articolo 57 porta a 200 il numero dei Senatori eletti (dai 315 attuali) di cui 4 (attualmente 6) eletti all’Estero. Definisce anche che la ripartizione dei seggi italiani avvenga “tra le Regioni o le Province autonome” (il testo non modificato parla solo di Regioni, a cui vengono, con la modifica, equiparate le Province di Trento e di Bolzano) e ne fissa in 3 (oggi 7) il numero minimo di eletti. Non modificate le eccezioni di Valle d’Aosta (1 eletto) e Molise (2 eletti). All’articolo 59 stabilisce in 5 il numero complessivo dei Senatori a vita in carica nominati dal Presidente della Repubblica, sostanzialmente non modificando la situazione attuale, in quanto quasi tutti i Capi di Stato (ad eccezione di Pertini e Cossiga) hanno interpretato la norma vigente, mantenendo il limite dei 5 Senatori complessivamente nominati. Non viene invece modificato il diritto di essere Senatore a vita (quindi oltre i 5 nominati) di chi è stato Presidente della Repubblica.
Gli effetti numerici della legge oggetto di Referendum
Si passa dagli attuali 945 parlamentari eletti a 600. 400 saranno i deputati (restando l’attuale sistema elettorale “Rosatellum” saranno 147 eletti nei collegi uninominali, 245 in quelli plurinominali proporzionali e 8 nella circoscrizioni estere). I senatori saranno 200 (con il “Rosatellum” 74 eletti nei collegi uninominali, 152 in quelli plurinominali e 4 nelle circoscrizioni estere).
Cambia dunque anche il rapporto numerico di rappresentanza sia alla Camera dei Deputati (1 deputato per 151.210 abitanti, mentre fino ad ora era 1 per 96.006 abitanti) sia al Senato (1 senatore per 302.420 abitanti, mentre finora era 1 ogni 188.424 abitanti).
Come si è arrivati al Referendum
Il testo della legge 240/2019 è stato approvato in doppia lettura da entrambi i rami del Parlamento e in via definitiva dalla Camera, lo scorso 8 ottobre, a maggioranza qualificata (più dei due terzi) con il sì di tutti i gruppi parlamentari e il no di 7 esponenti del Gruppo Misto (+Europa e Noi con l’Italia). Tuttavia al Senato l’11 luglio 2019 la legge era stata approvata a sola maggioranza assoluta (più della metà) con il voto contrario di Pd e Leu (in allora all’opposizione del governo Conte I) e la non partecipazione al voto di Fi.
Il non raggiungimento della maggioranza qualificata in seconda lettura in una delle Camere non ha consentito la diretta promulgazione della legge dopo l’approvazione definitiva e ha aperto la finestra di tre mesi che ha consentito a 71 senatori (42 Fi, 10 Misto, 9 Lega, 5 Pd, 2 M5S, 2 Iv e 1 a vita) di depositare la richiesta di referendum presso la Corte suprema di cassazione il 10 gennaio di quest’anno. Il 23 gennaio la stessa Corte ha dichiarato conforme la richiesta di referendum e legittimo il quesito proposto. Il 27 gennaio il Consiglio dei ministri ha fissato la data del voto e il giorno dopo il Presidente della Repubblica ha firmato il decreto di indizione.
I Referendum confermativi precedenti
Quello del 29 marzo sarà il quarto referendum costituzionale confermativo nella storia della Repubblica. Nei tre precedenti la legge approvata senza maggioranza qualificata è stata per due volte respinta (nel 2006 la cosiddetta “devolution” varata dal governo Berlusconi, nel 2016 la riforma Renzi-Boschi) e per una volta confermata (nel 2001 la riforma del Titolo V della Costituzione, approvata sotto i governi Prodi, D’Alema e Amato).
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