All’attivo ha già tre partecipazioni: un anno un po’ sfortunato, un anno da quinto posto e un anno da medaglia di bronzo. Sta ultimando i suoi allenamenti Matteo Fanchini, aronese non vedente classe 1971, che dall’11 al 15 marzo sarà fra i protagonisti di AmpSurf Isa World Para Surfing Championship, i mondiali di parasurf appunto. L’aronese gareggerà con la maglia del Team italiano Adaptive Surfing e con lui ci sono quattro compagni: la pisana Chantal Pistelli, il livornese Massimiliano Mattei, il romano Matteo Salandri, il fiorentino Lorenzo Bini, accompagnati dal Team Manager Adaptive Surfing Sergio Cantagalli e dai tecnici Nicolò Di Tullio, Tommaso Pucci e da Fabrizio Cimini. Piccolo dettaglio: la gara si gioca a La Jolla, in California, dove Fanchini si trova già da una venta di giorni.
In California andrà in scena la primissima edizione del campionato mondiale di surf paralimpico, oltre all’Italia saranno più di20le nazioni che presenteranno atleti di assoluto valore a sfidarsi sulle onde. Un’altra tappa storica per questo sport nel lungo cammino che potrebbe portare alle Paralimpiadi. Da Tokyo 2020 infatti, il surf entrerà a far parte delle discipline olimpiche ed è auspicabile che dall’edizione successiva (Parigi 2024) il riconoscimento paralimpico.
Ambizioni?
«Voglio fare bella figura, il livello della competizione è altissimo, ci sono atleti che praticamente vivono sulle onde. Io invece mi alleno all’estero, a Fuerte Ventura o in Portogallo, mi organizzo per poter essere pronto poi al momento delle gare. Mi sposto molto».
Non è però l’unico sport che fa…
«Assolutamente no. Sono atleta nazionale di sci nautico, ho conquistato la medaglia di bronzo in slalom e salto nei Campionati Europei 2018 e la medaglia d’oro di squadra. Ho fatto biathlon, tirathlon, davvero tante discipline e non è stato facile con il surf. Per lo sci mi alleno a Recetto, per me un fiore all’occhiello».
In che senso?
«Molti mi dicevano “Ma ti rendi conto che sei cieco, dove vuoi andare” e non mi davano la possibilità almeno di provarci, altrimenti ti senti discriminato. Poi ci sono riuscito ed è stato ed è bello. C’è una citazione in un film che dice “La vista è un senso sopravvalutato”, mi appartiene molto tutto ciò. Proprio per questo mi sto anche dando da fare per organizzare camp per persone cieche, per far conoscere il potere abilitante del surf».
Come convive da non vedente con lo sport?
«Ho perso la vista quando avevo 30 anni, in un incidente in macchina. I medici hanno impiegato 18 giorni per dirmi che non avrei più recuperato, ho girato Genova, Boston, ma nessuno ha saputo risolvere il mio problema. Per cui mi sono detto: o insegui il Matteo di prima o dai vita a una seconda vita, perché questa è una nuova vita. Ho scelto la seconda, praticando tutti quei sport che non avevo mai provato prima e mi stanno dando una enorme soddisfazione».
Lei però è sempre stato sportivo…
«Sì, io ero atleta professionista e insegnante di pattinaggio in linea. Ora ho ripreso a pattinare, ma con i pattini più tradizionali e sono molto contento perché mi esibirò proprio durante la cerimonia, pattinerò e farò un po’ di giocoleria».
E’ stato difficile?
«Quando sono uscito dall’ospedale avevo delle scale da fare e mi sono detto “ Prima facevo il figo per fare tutto, ora sudo freddo per delle scale. Mi devo dare una svegliata” e così è stato. Mi sono dato a quegli sport che non avevo provato prima e mi sono entusiasmato. Il surf è una fissazione che ho da bambino e ora eccomi qua».