La Nazionale di Julio Velasco (foto FIPAV) travolge con un netto 3-0 (26-24 e doppio 25-20) le campionesse del mondo in carica della Serbia scrivendo una pagina importante della storia della pallavolo femminile olimpica. Per la prima volta, dopo i precedenti tentativi falliti nel 2004, 2008, 2012 e 2021, è stato sfatato il sortilegio dei quarti di finale (nell’ultima occasione a Tokyo erano state proprio le balcaniche a mandare anzitempo a casa le azzurre di Davide Mazzanti), giocandosi così la possibilità dell’accesso al podio.
Una gara dove l’Italia – che ha iniziato con il consueto 6+1, Orro in regia ed Egonu opposto; Danesi e Fahr centrali, Bosetti e Sylla bande con De Gennaro libero – ha sofferto unicamente nella prima frazione, costretta ad inseguire a lungo (11-16) prima dell’inserimento di Giovannini che ha consentito a Danesi e compagne di agguantare le rivali a quota 19, per poi prevalere (dopo l’ennesimo cambio della diagonale con l’inserimento della coppia Cambi – Antropova) ai vantaggi 26-24 grazie a un erroraccio di Boskovic.
Proprio la sempre temuta stella serba ha fatto sì vedere qualche colpo di classe, ma ha anche collezionato una serie di imprecisioni che hanno finito col penalizzare la sua prestazione e quella della squadra. Per lei la consolazione di aver conteso a Paola Egonu il titolo di top scorer della serata (poi diviso fra le due a a quota 13), mentre la futura “igorina” Maya Aleksic ha messo a terra 4 palloni.
Nel secondo set l’Italia ha amministrato un vantaggio minimo (12-10) salito poi scambio dopo scambio (18-13) sino al 25-20. Un copione che si è poi ripetuto nel terzo parziale, con le azzurre capaci di macinare gioco e punti (12-6), chiudendo poi conti con un altro 25-20.
Giovedì alle 20, per la semifinale, nuova sfida alla Turchia di Daniele Santarelli, che ha prevalso al tie-break contro la Cina. Nell’altra parte del tabellone, alle 16, confronto invece fra Brasile e Stati Uniti, che hanno prevalso entrambe in tre set, rispettivamente contro la Repubblica Dominicana e la Polonia di Stefano Lavarini.