Tre anni fa, l’11 maggio 2017, in una torrida serata al PalaPanini di Modena, l’Igor Novara conquistava il suo primo storico scudetto. Per società, staff, squadra, ma soprattutto per l’intera città si trattava del coronamento di un sogno a lungo inseguito. Un vero sortilegio che veniva infranto da parte di chi si portava sulle spalle il poco invidiabile appellativo di «eterna seconda». Chi ricorda ancora con tanta emozione quei momenti è Stefania Sansonna. Il libero pugliese, da sempre beniamina della tifoseria azzurra, è nell’attuale “roster” l’unica superstite di quella serata magica. Ma conserva tuttora un ricordo indelebile di quell’intera stagione.
«Novara – racconta – aspettava da tempo di vincere il suo primo campionato dopo diverse finali perse in precedenza», ultima della quale, aggiungiamo noi, quella maledetta di due stagioni prima, con il sogno sfumato fra le mura amiche nella quinta partita contro la Pomì Casalmaggiore, dove non bastò proprio una Sansonna stoicamente in campo sino alla fine nonostante evidenti problemi fisici per riuscire a centrare l’obiettivo.
«Quello scudetto con Novara ha rappresentato per me tante cose – aggiunge – il primo per Novara, nonostante ne avessi già vinti in precedenza due con la maglia di Piacenza. Fu una grande soddisfazione dal punto di vista professionale, quando riesci a tagliare un traguardo nello sport, ma anche personale, perché in quel periodo un mio congiunto aveva problemi di salute. Agli impegni delle partite e degli allenamenti dovevo aggiungere quelli di una lunga spola fra Piemonte e Puglia…».
I trionfi nascono sì dalle capacità tecniche individuali, dalla coesione di gruppo, dallo studio dell’avversario e da tanti altri fattori e dettagli imposti dallo sporto moderno, ma anche da piccole curiosità o retroscena… «Ricordo ancora che quella serie finale con Modena la iniziammo maluccio, perdendo Garauno in Emilia. Al termine di quel match venni avvicinata da uno dei componenti dello staff tecnico di casa che a quel punto mi pronosticò una facile passeggiata delle sue atlete nel resto della serie…».
Paroline non certo offensive, ma che bastarono per “incendiare” (sportivamente parlando) Sansonna: «Nei successivi tre match diedi il massimo e forse anche di più. E quando alla fine della partita decisiva incontrai la stessa persona dalla quale accettai i complimenti, ma mi presi anche una rivincita come sfottò».
Tutti i trionfi nascondono poi episodi impensabili anche dal punto di vista tecnico. Non fa eccezione la vittoria in Champions dello scorso anno, un ricordo ancora più “fresco” sia per Sansonna che per tutti.
«Arrivavamo da una serie finale scudetto persa in tre partite con Conegliano. Eravamo letteralmente… cotte». Una certa logica vorrebbe che lo staff torchiasse ancora di più le giocatrici in vista di un appuntamento come quello in programma a Berlino. Invece… «Invece Barbolini ci ordinò letteralmente di staccare per la spina per quarantotto ore. Per noi, abituate a giocare ogni due giorni e a consumare il resto del tempo fra sedute in palestra, video e trasferimenti, fu un’autentica manna dal cielo. E riuscimmo ad alzare la coppa». Gesto che i tifosi novaresi si augurano di vedere compiere da Stefania Sansonna ancora in futuro, quando lo sport ricomincerà a vivere…
[photo credit Santi per Agil Volley]