Il volley fermo a metà del guado

Rimane sospeso tra le due rive il volley femminile italiano, con le formazioni di vertice che hanno sospeso gli allenamenti a seguito del rinvio a dopo il 3 aprile dei campionati. C’è chi vorrebbe giocare nonostante tutto, non appena le condizioni lo permetteranno, e chi invece non è intenzionato a scendere a compromessi e non tornerà in campo fino a quando le condizioni non torneranno a essere ottimali. Tradotto in sintesi: c’è chi vuole finire la stagione, costi quel che costi, e chi pensa che tutto sommato valga la pena pensare solo al futuro, alla prossima stagione, con la speranza che l’emergenza non si protragga tanto a lungo da mettere in discussione anche quella.

 

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Posto che prendere posizione oggi è a tutti gli effetti impossibile, vista l’evoluzione rapida e imprevedibile degli eventi, sarebbe opportuno analizzare solo i fatti. Questi ci dicono che ogni tentativo di ripartenza, dopo il primo “stop” del 24 febbraio è stato vano, sia in campo italiano sia in campo europeo. Non solo: gli allenamenti sono fermi praticamente per tutti fino al 23 marzo e anche le altre leghe europee, oltre alle competizioni internazionali, hanno subito lo stop delle attività. In Germania, addirittura, si è deciso di chiudere la stagione senza vincitori né vinti. Senza verdetti.

Si è stabilito che non sarà possibile tornare in campo in condizioni di normalità (concetto che ad alcuni club italiani non è chiaro: non vuol dire solo giocare, ma anche farlo con totale sicurezza di spostamenti e magari con la possibilità di coinvolgere il pubblico, anima ed essenza dello sport) in tempo utile per chiudere secondo programmi la stagione e dunque meglio fermarsi ora e del tutto.

Una prospettiva che presto potrebbe riguardare altri campionati anche alla luce della presa di posizione della federazione americana, che ha richiamato in patria le proprie atlete e i propri atleti impegnati nei campionati europei. Incluse Megan Courtney e Micha Hancock della Igor Volley, che pure danno al nostro campionato un arrivederci: «Siamo partite per tornare a emergenza finita, per noi la stagione non è conclusa». Questione che ha scatenato la ferma reazione del direttore generale novarese Enrico Marchioni: «E’ un momento molto delicato quello che stiamo vivendo in Italia, il fatto che altri club abbiano letteralmente liberato le proprie atlete negli scorsi giorni non ci ha agevolati. A questo si è aggiunta la lettera della Federazione Americana ricevuta questa mattina, che ha dato un’ultima “spallata” alla vicenda, con Micha e Megan che hanno chiesto di rientrare al pari di tutte le altre atlete americane. Mentre si parla tanto di programmare il finale di stagione e di riprendere le competizioni, la verità è che solo nei prossimi giorni capiremo se il sistema sarà in grado di reggere a questa emergenza, o se siamo solo all’inizio delle partenze eccellenti dal nostro campionato».

In effetti, la federazione americana ha creato un pericoloso precedente: cosa accadrebbe se anche le altre federazioni richiamassero le proprie atlete? Si potrebbe ancora parlare di tornare in campo, come se nulla fosse in un orizzonte più o meno lontano? E in quali condizioni per squadre che si troverebbero, o meglio ritroverebbero, assieme a pochi giorni da un’ipotetica ripartenza dopo un minimo di 45 giorni di stop?

La novità è il rinvio della Volley Nations League a dopo le Olimpiadi di Tokyo, quindi a settembre (ma si farà davvero, alla fine?), evento che libera qualche settimana a maggio per le federazioni nazionali per la disputa del finale di campionato. Basterà? La speranza è che ogni decisione venga presa nell’interesse di tutti: dei club come degli atleti che, come dimostra il mondo del calcio, non sono affatto immuni dal virus.

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Rimane sospeso tra le due rive il volley femminile italiano, con le formazioni di vertice che hanno sospeso gli allenamenti a seguito del rinvio a dopo il 3 aprile dei campionati. C’è chi vorrebbe giocare nonostante tutto, non appena le condizioni lo permetteranno, e chi invece non è intenzionato a scendere a compromessi e non tornerà in campo fino a quando le condizioni non torneranno a essere ottimali. Tradotto in sintesi: c’è chi vuole finire la stagione, costi quel che costi, e chi pensa che tutto sommato valga la pena pensare solo al futuro, alla prossima stagione, con la speranza che l’emergenza non si protragga tanto a lungo da mettere in discussione anche quella.

 

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Posto che prendere posizione oggi è a tutti gli effetti impossibile, vista l’evoluzione rapida e imprevedibile degli eventi, sarebbe opportuno analizzare solo i fatti. Questi ci dicono che ogni tentativo di ripartenza, dopo il primo “stop” del 24 febbraio è stato vano, sia in campo italiano sia in campo europeo. Non solo: gli allenamenti sono fermi praticamente per tutti fino al 23 marzo e anche le altre leghe europee, oltre alle competizioni internazionali, hanno subito lo stop delle attività. In Germania, addirittura, si è deciso di chiudere la stagione senza vincitori né vinti. Senza verdetti.

Si è stabilito che non sarà possibile tornare in campo in condizioni di normalità (concetto che ad alcuni club italiani non è chiaro: non vuol dire solo giocare, ma anche farlo con totale sicurezza di spostamenti e magari con la possibilità di coinvolgere il pubblico, anima ed essenza dello sport) in tempo utile per chiudere secondo programmi la stagione e dunque meglio fermarsi ora e del tutto.

Una prospettiva che presto potrebbe riguardare altri campionati anche alla luce della presa di posizione della federazione americana, che ha richiamato in patria le proprie atlete e i propri atleti impegnati nei campionati europei. Incluse Megan Courtney e Micha Hancock della Igor Volley, che pure danno al nostro campionato un arrivederci: «Siamo partite per tornare a emergenza finita, per noi la stagione non è conclusa». Questione che ha scatenato la ferma reazione del direttore generale novarese Enrico Marchioni: «E’ un momento molto delicato quello che stiamo vivendo in Italia, il fatto che altri club abbiano letteralmente liberato le proprie atlete negli scorsi giorni non ci ha agevolati. A questo si è aggiunta la lettera della Federazione Americana ricevuta questa mattina, che ha dato un’ultima “spallata” alla vicenda, con Micha e Megan che hanno chiesto di rientrare al pari di tutte le altre atlete americane. Mentre si parla tanto di programmare il finale di stagione e di riprendere le competizioni, la verità è che solo nei prossimi giorni capiremo se il sistema sarà in grado di reggere a questa emergenza, o se siamo solo all’inizio delle partenze eccellenti dal nostro campionato».

In effetti, la federazione americana ha creato un pericoloso precedente: cosa accadrebbe se anche le altre federazioni richiamassero le proprie atlete? Si potrebbe ancora parlare di tornare in campo, come se nulla fosse in un orizzonte più o meno lontano? E in quali condizioni per squadre che si troverebbero, o meglio ritroverebbero, assieme a pochi giorni da un’ipotetica ripartenza dopo un minimo di 45 giorni di stop?

La novità è il rinvio della Volley Nations League a dopo le Olimpiadi di Tokyo, quindi a settembre (ma si farà davvero, alla fine?), evento che libera qualche settimana a maggio per le federazioni nazionali per la disputa del finale di campionato. Basterà? La speranza è che ogni decisione venga presa nell’interesse di tutti: dei club come degli atleti che, come dimostra il mondo del calcio, non sono affatto immuni dal virus.

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