«Da che è iniziata la quarantena non smetto di pensare alla mia Italia»

Come è percepita l’Italia dagli occhi di chi abita all’estero? Quale è il sentimento principale che traspare? Sono tanti i novaresi che per motivi di studio, di lavoro, personali, stanno vivendo la situazione a distanza e in un certo senso anche da “diretti interessati”, dal momento che il virus sta girando il mondo.

«La situazione italiana da qua? E’ percepita molto seriamente, – dice Matteo Ponti, trecatese classe 1991 da anni ormai cittadino di Singapore dove lavora come chef – da italiani all’estero c’è molta preoccupazione per famiglie e amici e sapendo che non si può rientrare in caso di emergenza è ancora peggio. Il primo pensiero ovviamente va alla salute di tutti, ma da un altro lato si pensa anche al fattore economico, specialmente nella ristorazione italiana all’estero c’è un grosso problema a reperire i prodotti italiani in questo momento». Ponti, che lavora al ristorante “28 Wilkie” della metropoli, nella sua cucina mette molta italianità. « Non appena l’esportazione riaprirà saremo i primi a sostenere l’economia italiana comprando da nostri produttori».

E Singapore che attenzione ha rivolto al problema? «Il virus è arrivato subito dopo la Cina e il governo ha preso misure drastiche aggressive sin dall’inizio tenendo la situazione contenuta e sotto controllo. A oggi si vive ancora normalmente,  – dice il giovane – facendo ovviamente più attenzione ed evitando le folle. Le ripercussioni economiche dall’altro lato si sentono molto, specialmente nella ristorazione, dove la maggior parte dei ristoranti sono mezzi vuoti».

Martina Biondi invece, giovanissima studentessa trecatese classe 2002, al momento si trova a Concord, nella Carolina del Nord, negli Stati Uniti d’America, per frequentare la quarta superiore. «Fino a due settimane fa ogni volta che dicevo la mia nazionalità la risposta era “Wow, che bello! Italia, piazza” e altri riferimenti tipici italiani. Ora la risposta è, “Wow, Italia, come stanno i tuoi amici e la tua famiglia?”. Si è sentito tantissimo qui il fenomeno legato al virus, nonostante questo è sempre un orgoglio quando mi chiedono la nazionalità, perché anche in questo momento difficile per l’Italia l’italiano è apprezzato e c’è attenzione nei nostri confronti».

L’America sta adottando alcune misure restrittive, proprio da oggi, lunedì 16 marzo, chiuse le scuole: «Diciamo che ora sto vivendo sulla mia pelle quello che ho vissuto già indirettamente con gli aggiornamenti della mia famiglia. Le scuole sono chiuse da un giorno, ma già la scorsa settimana era stato sospeso tutto lo sport. Alcuni negozi sono aperti, – dice Martina – per alcuni è stato avviato lo smart working, come per esempio fa la mamma della famiglia in cui vivo qui. Gli studenti? Ora sono un po’ arrabbiati, a Washington le scuole sono chiuse fino a maggio, sono stati annullati i balli di fine anno, è una situazione in divenire, proprio come in Italia».

E il messaggio che lancia Martina è davvero forte: «Da che è iniziata la quarantena forzata non smetto di pensare alla mia Italia, la sento come una sorella che sta soffrendo e anche se sono a distanza io mi impegno a fare qualcosa per lei, perché è parte di me. Farà sorridere, ma guardando le storie Instagram di amici ho sentito l’inno di Italia e mi è venuto d’istinto alzarmi e mettere la mano sul cuore. E’ bello. Io qui in America sto bene e sono contenta, ma dopo un po’ pesa il non essere in un paese che senti davvero tuo e la mano sul cuore la metti quando te lo senti davvero e senti qualcosa vicino a te. Sono piccole cose che però mi fanno vedere una Italia unita e questo è molto importante».

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«Da che è iniziata la quarantena non smetto di pensare alla mia Italia»

Come è percepita l’Italia dagli occhi di chi abita all’estero? Quale è il sentimento principale che traspare? Sono tanti i novaresi che per motivi di studio, di lavoro, personali, stanno vivendo la situazione a distanza e in un certo senso anche da “diretti interessati”, dal momento che il virus sta girando il mondo.

«La situazione italiana da qua? E’ percepita molto seriamente, – dice Matteo Ponti, trecatese classe 1991 da anni ormai cittadino di Singapore dove lavora come chef – da italiani all’estero c’è molta preoccupazione per famiglie e amici e sapendo che non si può rientrare in caso di emergenza è ancora peggio. Il primo pensiero ovviamente va alla salute di tutti, ma da un altro lato si pensa anche al fattore economico, specialmente nella ristorazione italiana all’estero c’è un grosso problema a reperire i prodotti italiani in questo momento». Ponti, che lavora al ristorante “28 Wilkie” della metropoli, nella sua cucina mette molta italianità. « Non appena l’esportazione riaprirà saremo i primi a sostenere l’economia italiana comprando da nostri produttori».

E Singapore che attenzione ha rivolto al problema? «Il virus è arrivato subito dopo la Cina e il governo ha preso misure drastiche aggressive sin dall’inizio tenendo la situazione contenuta e sotto controllo. A oggi si vive ancora normalmente,  – dice il giovane – facendo ovviamente più attenzione ed evitando le folle. Le ripercussioni economiche dall’altro lato si sentono molto, specialmente nella ristorazione, dove la maggior parte dei ristoranti sono mezzi vuoti».

Martina Biondi invece, giovanissima studentessa trecatese classe 2002, al momento si trova a Concord, nella Carolina del Nord, negli Stati Uniti d’America, per frequentare la quarta superiore. «Fino a due settimane fa ogni volta che dicevo la mia nazionalità la risposta era “Wow, che bello! Italia, piazza” e altri riferimenti tipici italiani. Ora la risposta è, “Wow, Italia, come stanno i tuoi amici e la tua famiglia?”. Si è sentito tantissimo qui il fenomeno legato al virus, nonostante questo è sempre un orgoglio quando mi chiedono la nazionalità, perché anche in questo momento difficile per l’Italia l’italiano è apprezzato e c’è attenzione nei nostri confronti».

L’America sta adottando alcune misure restrittive, proprio da oggi, lunedì 16 marzo, chiuse le scuole: «Diciamo che ora sto vivendo sulla mia pelle quello che ho vissuto già indirettamente con gli aggiornamenti della mia famiglia. Le scuole sono chiuse da un giorno, ma già la scorsa settimana era stato sospeso tutto lo sport. Alcuni negozi sono aperti, – dice Martina – per alcuni è stato avviato lo smart working, come per esempio fa la mamma della famiglia in cui vivo qui. Gli studenti? Ora sono un po’ arrabbiati, a Washington le scuole sono chiuse fino a maggio, sono stati annullati i balli di fine anno, è una situazione in divenire, proprio come in Italia».

E il messaggio che lancia Martina è davvero forte: «Da che è iniziata la quarantena forzata non smetto di pensare alla mia Italia, la sento come una sorella che sta soffrendo e anche se sono a distanza io mi impegno a fare qualcosa per lei, perché è parte di me. Farà sorridere, ma guardando le storie Instagram di amici ho sentito l’inno di Italia e mi è venuto d’istinto alzarmi e mettere la mano sul cuore. E’ bello. Io qui in America sto bene e sono contenta, ma dopo un po’ pesa il non essere in un paese che senti davvero tuo e la mano sul cuore la metti quando te lo senti davvero e senti qualcosa vicino a te. Sono piccole cose che però mi fanno vedere una Italia unita e questo è molto importante».

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