“Perché ho aperto una libreria in un paesino sconosciuto? Perché avevo bisogno di respirare, perché ero una bambina infelice, perché ero una bambina curiosa, per amore di mio padre, perché il mondo va a scatafascio, perché il lettore non va tradito, perché bisogna pensare ai più piccoli, perché mi sono salvata”.

Dopo essere stata l’unica donna presidente del prestigioso Gabinetto scientifico – letterario ‘Giovan Pietro Vieusseux’, la poetessa Alba Donati racconta così la sua decisione di lasciare Firenze e di aprire ‘Sopra la penna’, una libreria microscopica (50mq. circondati da un giardino all’inglese) in un paesino sperduto sulle colline toscane in provincia di Lucca, a Lucignana, un luogo magico che esiste davvero.

Questa impresa è la storia della caparbietà di cui sono capaci le donne, sostenuta dall’amore per le narrazioni.

Distrutta da un incendio soltanto un mese dopo l’apertura nel 2019, la libreria è stata rimessa in piedi grazie ad un crowdfunding e al passaparola sui social; ha poi resistito al lockdown ed è diventata un luogo del cuore, meta di un pellegrinaggio obbligato per chi ama i libri, un mondo di parole messe in comune, sede di un festival letterario: un presidio culturale di fronte alla frenesia delle nostre giornate.

Nel progetto si esprime il bisogno di comunità, motivo presente anche nei versi di Alba Donati: una poesia che spazia dalla meditazione esistenziale ai legami privati, dall’inchiesta alla denuncia delle ingiustizie sociali e storiche.

‘Pianto per la distruzione di Beslan’, la città dell’Ossezia dove nel 2004 morirono 186 bambini durante lo scontro tra separatisti ceceni e forze speciali russe, fornisce un allucinato resoconto su come il nuovo millennio sia potuto iniziare con una strage di innocenti:

“E chi non piangerà / per tanta rovina / chi non dispererà, / per tanti morti / chi non proverà pietà / per tanti piccoli / sovrani uccisi?”.

Se per la sua valenza civile a volte la poesia non può sottrarsi al confronto aperto con il male del mondo, nella Storia che passa è anche possibile dare spazio all’intensità dei propri affetti e al legame con le origini.

In ‘Notte di San Lorenzo’ il ‘nido’ famigliare di pascoliana memoria coinvolge tre generazioni al femminile, una nonna post – bellica, una madre cresciuta negli anni del boom economico e una figlia digitale: la poetessa guarda sua figlia e la propria madre che dormono nello stesso letto; sostituendosi alla bambina nel giaciglio, riannoda i fili che tengono stretto questo triangolo amoroso, mentre tutte e tre sono alla ricerca ognuna della propria emozione.

“Dormite insieme nello stesso letto / con i vostri ottant’anni di differenza, / del mondo non sappiamo più niente: / non ascoltiamo i telegiornali / né tanto meno compriamo un giornale, / abbiamo scelto il silenzio, l’accadere del giorno, / lo spazio intorno alla nostra casa. / Se c’è da andare in farmacia, andiamo / se c’è da andare alla posta, anche / ma per il resto abbiamo deciso / di coprire a grandi passi il selciato / davanti alla porta e di salire e scendere / le scale tante volte per prendere e portare. / Poi quando vengo a dormire vi separo: / ti metto nel letto piccolino e io prendo / il tuo posto nel letto matrimoniale. / Salgono gli spiriti nella stanza / attratti dalla mancanza di rumori, / anche un’aria stellata avvolge le mura / e noi veleggiamo tutta la notte, / tu alla ricerca della Strega Malefica, / io di te, e tua nonna di te, di me, e del suo primo amore”.

Grazie ad uno stile semplice e comunicativo, essenziale nel lessico e vicino al parlato nel ritmo, Alba Donati si fa ascoltare e comprendere con immediatezza, rivelando di possedere una visione e un linguaggio a difesa dell’attività poetica che, come tutte le azioni umanistiche, corre oggi qualche pericolo: una poesia che può emergere da un luogo quotidiano, da un paesaggio dell’infanzia o da una persona vicina, e che, pur aprendosi verso un ambito autenticamente civile, parte sempre  dalla biografia, dal cuore della più circostanziata memoria personale.

“Devo lo scrivere alle poche / cose avute in dono dalla sorte / una povertà possidente / di boschi d’ottobre e brina / di dicembre, di rose di maggio / e soffitte arredate di ragni / e vecchi cappotti. / Devo tutto al niente, al caso / come è giusto che sia”.

Foto: Alba Donati a Lucignana

Condividi:

Facebook
WhatsApp
Telegram
Email
Twitter

© 2024 La Voce di Novara - Riproduzione Riservata
Iscrizione al registro della stampa presso il Tribunale di Novara

Picture of Claudia Cominoli

Claudia Cominoli

Condividi l'articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

SEGUICI SUI SOCIAL

Sezioni

La libreria sulla collina

“Perché ho aperto una libreria in un paesino sconosciuto? Perché avevo bisogno di respirare, perché ero una bambina infelice, perché ero una bambina curiosa, per amore di mio padre, perché il mondo va a scatafascio, perché il lettore non va tradito, perché bisogna pensare ai più piccoli, perché mi sono salvata”.

Dopo essere stata l’unica donna presidente del prestigioso Gabinetto scientifico – letterario ‘Giovan Pietro Vieusseux’, la poetessa Alba Donati racconta così la sua decisione di lasciare Firenze e di aprire ‘Sopra la penna’, una libreria microscopica (50mq. circondati da un giardino all’inglese) in un paesino sperduto sulle colline toscane in provincia di Lucca, a Lucignana, un luogo magico che esiste davvero.

Questa impresa è la storia della caparbietà di cui sono capaci le donne, sostenuta dall’amore per le narrazioni.

Distrutta da un incendio soltanto un mese dopo l’apertura nel 2019, la libreria è stata rimessa in piedi grazie ad un crowdfunding e al passaparola sui social; ha poi resistito al lockdown ed è diventata un luogo del cuore, meta di un pellegrinaggio obbligato per chi ama i libri, un mondo di parole messe in comune, sede di un festival letterario: un presidio culturale di fronte alla frenesia delle nostre giornate.

Nel progetto si esprime il bisogno di comunità, motivo presente anche nei versi di Alba Donati: una poesia che spazia dalla meditazione esistenziale ai legami privati, dall’inchiesta alla denuncia delle ingiustizie sociali e storiche.

‘Pianto per la distruzione di Beslan’, la città dell’Ossezia dove nel 2004 morirono 186 bambini durante lo scontro tra separatisti ceceni e forze speciali russe, fornisce un allucinato resoconto su come il nuovo millennio sia potuto iniziare con una strage di innocenti:

“E chi non piangerà / per tanta rovina / chi non dispererà, / per tanti morti / chi non proverà pietà / per tanti piccoli / sovrani uccisi?”.

Se per la sua valenza civile a volte la poesia non può sottrarsi al confronto aperto con il male del mondo, nella Storia che passa è anche possibile dare spazio all’intensità dei propri affetti e al legame con le origini.

In ‘Notte di San Lorenzo’ il ‘nido’ famigliare di pascoliana memoria coinvolge tre generazioni al femminile, una nonna post – bellica, una madre cresciuta negli anni del boom economico e una figlia digitale: la poetessa guarda sua figlia e la propria madre che dormono nello stesso letto; sostituendosi alla bambina nel giaciglio, riannoda i fili che tengono stretto questo triangolo amoroso, mentre tutte e tre sono alla ricerca ognuna della propria emozione.

“Dormite insieme nello stesso letto / con i vostri ottant’anni di differenza, / del mondo non sappiamo più niente: / non ascoltiamo i telegiornali / né tanto meno compriamo un giornale, / abbiamo scelto il silenzio, l’accadere del giorno, / lo spazio intorno alla nostra casa. / Se c’è da andare in farmacia, andiamo / se c’è da andare alla posta, anche / ma per il resto abbiamo deciso / di coprire a grandi passi il selciato / davanti alla porta e di salire e scendere / le scale tante volte per prendere e portare. / Poi quando vengo a dormire vi separo: / ti metto nel letto piccolino e io prendo / il tuo posto nel letto matrimoniale. / Salgono gli spiriti nella stanza / attratti dalla mancanza di rumori, / anche un’aria stellata avvolge le mura / e noi veleggiamo tutta la notte, / tu alla ricerca della Strega Malefica, / io di te, e tua nonna di te, di me, e del suo primo amore”.

Grazie ad uno stile semplice e comunicativo, essenziale nel lessico e vicino al parlato nel ritmo, Alba Donati si fa ascoltare e comprendere con immediatezza, rivelando di possedere una visione e un linguaggio a difesa dell’attività poetica che, come tutte le azioni umanistiche, corre oggi qualche pericolo: una poesia che può emergere da un luogo quotidiano, da un paesaggio dell’infanzia o da una persona vicina, e che, pur aprendosi verso un ambito autenticamente civile, parte sempre  dalla biografia, dal cuore della più circostanziata memoria personale.

“Devo lo scrivere alle poche / cose avute in dono dalla sorte / una povertà possidente / di boschi d’ottobre e brina / di dicembre, di rose di maggio / e soffitte arredate di ragni / e vecchi cappotti. / Devo tutto al niente, al caso / come è giusto che sia”.

Foto: Alba Donati a Lucignana

© 2020-2024 La Voce di Novara
Riproduzione Riservata